Assediati (seconda parte)

Il cavallo fece un salto innanzi, mise un nitrito soffocato e cadde trascinando a terra coloro che lo montavano.
I sipai si gettarono fuori dalla macchia prorompendo in alte urla di gioia, ma queste si cangiarono d’improvviso in urla di terrore.
Un’ombra gigantesca era balzata fuori da un gruppo di bambù, emettendo un rauco ruggito. Il comandante dei sipai fu atterrato da un colpo d’artiglio.
– Darma! – gridò Tremal-Naik, rialzandosi prontamente.
– La tigre!… La tigre!… – urlarono i sipai fuggendo in tutte le direzioni. L’intelligente animale in pochi balzi raggiunse il padrone.
– Brava Darma, – diss’egli, accarezzando affettuosamente l’intelligente belva. – Tu non mi abbandoni mai.
– Affrettiamoci, Tremal-Naik, – suggerì Nagor. Qui non spira buon’aria per noi. I sipai non tarderanno a ritornare.
I due indiani si gettarono in mezzo al bosco sfondando i cespugli che facevano a loro ostacolo e guardandosi attorno per tema di cadere in qualche agguato.
Dopo mezz’ora di corsa sfrenata, essi arrivarono al capannone abitato dai “thugs”. Nagor si arrestò al di fuori colla tigre e Tremal-Naik entrò. Kougli era sdraiato per terra, occupato a decifrare alcune lettere in sanscrito. Appena lo scorse scattò in piedi, muovendogli incontro.
142 – Libero! – esclamò, non dissimulando la sua sorpresa e la sua gioia.
– Lo vedi, – disse Tremal-Naik.
– E Nagor?
– E’ rimasto fuori!
– Dammi la testa.
– Quale testa?
– Quella del capitano Macpherson.
– Siamo stati battuti, Kougli.
L’indiano fece tre passi indietro.
– Battuti! Noi battuti! cosa vuoi dir tu? – chiese.
– Voglio dire che il capitano Macpherson è ancor vivo.
– Vivo!…
– Non ho potuto ucciderlo.
– Parla!
– Ha lasciato il “bengalow” senza che io lo sapessi.
– E dove è andato?
– A Calcutta.
– A cosa fare?
Tremal-Naik non rispose.
– Parla!
– Il capitano si prepara ad assalire il covo dei “thugs”. Egli sa che Raimangal è la vostra sede.
Kougli lo guardò con terrore.
– Ma tu sei impazzito!- esclamò.
– Tremal-Naik non è pazzo.
– Ma chi ci tradì?
– Io.
– Tu!… tu!…
Lo strangolatore si slanciò su Tremal-Naik col pugnale in mano. Il “cacciatore di serpenti” rapido come un lampo gli afferrò la mano e gli torse il polso con tale violenza che le ossa crocchiarono.
– Non far pazzie, Kougli, – diss’egli, con rabbia mal frenata.
– Ma parla, dannato indiano, parla! – urlò lo strangolatore – . Perché ci hai tradito? Ma non sai tu che la tua Ada è sempre in nostra mano?
Non sai tu, che le fiamme l’attendono?
– Lo so, – disse Tremal-Naik con ira.
– E dunque?
– Vi ho traditi involontariamente. M’avevano fatto bere la “youma”.
– La “youma”!
– Sì.
– E tu hai parlato?
– Chi resiste alla “youma”?
– Narrami quanto ti è accaduto.
Tremal-Naik in brevi parole gli raccontò ciò che era avvenuto nel “bengalow”.
– Hai fatto molto, – disse Kougli, – ma la tua missione non è ancor terminata.
– Lo so – disse Tremal-Naik, sospirando.
– Perché sospiri?
– Perché?… E tu me lo chiedi?… Non sono nato io per assassinare vilmente la gente. E’ orribile, sai, ciò che io dovrò commettere, è mostruoso!
Kougli alzò le spalle.
– Tu non sai cosa sia l’odio,- disse.
– Lo so, non temerlo, Kougli! – esclamò Tremal-Naik con accento selvaggio. – Se tu sapessi quanto vi odio!
– Bada, Tremal-Naik!… La tua fidanzata è sempre in nostra mano.
L’infelice chinò il capo sul petto e soffocò un singhiozzo.
– Torniamo al capitano, – disse lo strangolatore.
– Parla, cosa devo fare?
– Bisogna impedire, innanzi tutto, che il maledetto vada a Raimangal.
Se giunge al nostro covo, la tua Ada è perduta.
– E’ un’altra condanna che mi colpisce adunque? – chiese Tremal- Naik con amarezza. – Siete senza pietà, o tigri?
– Non è una condanna. Guai a noi, se quell’uomo sbarca a Raimangal.
– Cosa devo fare?
Kougli non rispose. Si era preso la testa fra le mani e pensava.
– Ci sono, – disse all’improvviso.
– Hai trovato un mezzo?
– Credo di sì.
– Parla.
– Il capitano, di certo, sceglierà la via d’acqua per giungere a Raimangal.
– E’ probabile, – disse Tremal-Naik.
– A Calcutta ed al forte William abbiamo degli affiliati nell’esercito e sui vascelli da guerra inglesi. Qualcuno occupa una posizione brillante.
– Ebbene?
– Ti recherai al forte William ed aiutato dai nostri affiliati ti imbarcherai sul suo vascello.
– Io?
– Hai paura?
– Tremal-Naik non sa ancora cosa sia la paura. Ma credi tu che il capitano non mi riconoscerà?
Un sorriso sfiorò le labbra di Kougli.
– Un indiano può diventare un malese od un birmano.
– Basta così. Quando devo partire?
– Subito o arriverai troppo tardi.
– E’ libera la via che mena al fiume?
– I sipai che ci assediavano sono stati scacciati dal bosco.
Kougli accostò le dita alle labbra e fischiò.
Un “thug” accorse.
– Sei uomini di buona volontà e d’un esperimentato coraggio si preparino a partire. La baleniera è sempre alla riva?
– Sì, – rispose il “thug”.
– Vattene.
Kougli si levò da un dito un anello d’oro, d’una forma speciale, con un piccolo scudo sul quale vedevasi inciso il misterioso serpente, e lo porse a Tremal-Naik.
– Basta che tu lo mostri ad uno degli affiliati – gli disse. – Tutti i “thugs” di Calcutta si metteranno a tua disposizione. – Tremal-Naik se lo passò in un dito della mano destra.
– Hai altro da dirmi? – gli chiese.
– Che noi vegliamo sulla tua Ada.
– Eppoi?
– Che se tu ci tradisci, la daremo alle fiamme.
Tremal-Naik lo guardò con occhio torvo.
– Addio, – gli disse bruscamente.
Uscì e si avvicinò a Darma che lo guardava con inquietudine, come già indovinasse che il padrone tornava ad abbandonarla.
– Povera amica, – diss’egli con voce triste e ad un tempo commossa.- Ci rivedremo non temere, mia Darma. Nagor avrà cura di te.
Volse altrove la testa e raggiunse i “thugs”.
– Conducetemi al battello, – comandò.
I sette uomini si disposero in fila indiana e si cacciarono nella foresta tenendo i fucili sotto il braccio per esser pronti a servirsene al primo allarme.
Alle due del mattino essi giungevano sulle rive del fiume e precisamente in una piccola rada, nella quale, nascosta sotto un ammasso di bambù, scorgevasi una svelta imbarcazione, una specie di baleniera.
I remi erano a posto, e v’era pure un albero fornito di una piccola vela. Non mancava che d’imbarcarsi.
– Si scorge nessuno? – chiese Tremal-Naik.
– Nessuno – risposero i “thugs”.
– In barca.
I sette uomini salirono a bordo e si spinsero al largo.

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