La vittoria di Tremal-Naik (prima parte)

La Cornwall, sfuggita miracolosamente allo scoppio dei depositi di polvere, filava a tutto vapore verso le “Sunderbunds”.
Tremal-Naik aveva ormai narrato ogni cosa, ed il capitano Corishant voleva piombare addosso alla cannoniera d’Hider, prima che l’equipaggio potesse accorgersi dell’attacco e dare avviso al formidabile Suyodhana del colpo mancato e del tradimento.
I marinai ed i soldati di fanteria marina erano sotto le armi, per essere pronti al primo segnale, mentre gli artiglieri si erano collocati dietro a sei pezzi di cannone, decisi a calare a picco la “Devonshire” piuttosto che lasciarla fuggire.
Il capitano, in preda ad un’ansietà indicibile, ritto sul castello di prua con un forte cannocchiale da notte, scrutava avidamente le tenebre e segnava la rotta ai timonieri, per evitare i numerosi bassifondi. Tremal-Naik, al suo fianco, aguzzava i suoi sguardi d’aquila per cercare di scoprire l’imboccatura del Mangal.
– Presto!… presto! – ripeteva egli. – Se i “thugs” s’accorgono dell’attacco, la mia Ada è perduta!…
– Ora che so dove si trova e che tu mi guidi, non ho più alcun timore mio bravo indiano, – rispondeva il capitano.- Ah!… finalmente potrò vederla dopo tanti anni!… Quale gioia!… Il destino crudele mi doveva questa rivincita.
– E dire che io stavo per uccidervi e che la vostra testa doveva essere il regalo di nozze!… Possente Siva!… Quale tremenda trama!…
– Ed eri proprio risoluto a uccidermi?
– Sì, capitano, poiché solo con quel delitto avrei potuto ottenere colei che così immensamente amo. Se quel narcotico fosse stato più potente…
– Quale narcotico? – chiese Corishant, stupito.
– Quello che Bindur e Palavan versarono nella vostra limonata.
– Ma quando?…
– Ieri sera.
– Ma io non l’ho bevuta!… Ah!…
– Cosa avete?
– Mi ricordo d’aver assaggiata la limonata, ma trovandola troppo amara la versai a terra. Dio mi aveva ispirato di non berla.
– E fu la vostra salvezza, capitano. Se voi non vi foste svegliato, io non avrei esitato a uccidervi e forse…
– Il Mangal!… – gridò in quell’istante l’ufficiale di quarto.
– Dov’e? – chiese il capitano.
– Dinanzi a voi, signore.
– Siete certi di non ingannarvi?
– No, signore: guardate laggiù quei due fanali che brillano.
L’ufficiale non si era ingannato. Dinanzi alla “Cornwall”, a mezzo chilometro di distanza, si vedevano due punti luminosi, uno rosso ed uno verde, scintillare fra le tenebre.
– La “Devonshire”!… – esclamò Tremal-Naik.
– Macchina indietro!… – comandò il capitano.
La “Cornwall”, trasportata dal proprio slancio, proseguì la corsa per cinquanta o sessanta metri, poi rimase immobile.
– Tre scialuppe in mare e quaranta uomini armati s’imbarchino con tre spingarde, – disse poi il capitano.
Quindi rivolgendosi verso Tremal-Naik, continuò:
– Ora tocca a te se vuoi la mano di mia figlia.
– Ordinate, la mia vita è vostra, – rispose l’indiano.
– E’ necessario che tu faccia prigioniero l’equipaggio della cannoniera.
– Lo farò.
– Ma bisogna che nessuno fugga.
– Nessuno fuggirà.
– E che si evitino colpi di fucile per non allarmare le sentinelle dei “thugs”.
– Non spareremo un colpo di fucile. Hider mi aspetta: lo sorprenderò a tradimento.
– Ebbene va’, mio valoroso.
Le tre scialuppe erano pronte e gli uomini a posto. Tremal-Naik discese nella maggiore e diede il comando di prendere il largo nel più profondo silenzio.
Il capitano era rimasto a bordo, appoggiato al parapetto di prua, in preda a mille inquietudini. Per qualche istante poté discernere le tre scialuppe che s’allontanavano senza far rumore, poi le perdette di vista.
Passarono alcuni minuti d’angosciosa aspettativa, poi s’udirono delle grida, dei fragori, quindi tutto tornò silenzio.
– Scorgete nulla? – chiese il capitano con voce rotta, agli ufficiali che gli stavano intorno.
– Sì!… – gridò uno. – I fanali virano di bordo!…
– La cannoniera ci viene incontro! – gridarono gli altri.
Un hurrà, echeggiò al largo: era il grido di vittoria. Corishant emise un profondo sospiro.
– Iddio ci protegge, – mormorò. – Ah! mia povera Ada, finalmente potrò vederti e abbracciarti!… – Poco dopo la “Devonshire” veniva ad ormeggiarsi presso la fregata e Tremal-Naik saliva a bordo, dicendo al capitano:
– E’ fatto: Hider e tutti i suoi sono prigionieri.
– Grazie, mio valoroso, – disse Corishant, stringendogli vigorosamente la destra.- Sono stati sorpresi?
– Sì, capitano. Mi aspettavano colla vostra testa e si lasciarono accostare senza diffidenza. Quando s’accorsero dello stratagemma da me usato, erano ormai tutti circondati e deposero le armi senza resistenza.
– Andiamo a Raimangal.
– Ma la fregata non potrà salire il Mangal.
– Lo saliremo colla cannoniera. Altri venti uomini risoluti con me.
Abbandonarono la fregata e s’imbarcarono sulla “Devonshire”, la quale riprese la corsa a tutto vapore, inoltrandosi nel Mangal. Tremal-Naik aveva assunto il comando e la faceva volare sulle acque fangose del fiume.
Ben presto la sua rapidità si accrebbe spaventevolmente. Tonnellate di carbone scomparivano dentro i forni scaldati a bianco, il vapore usciva dalle valvole emettendo acuti fischi; un tremito formidabile scuoteva il battello dalla chiglia alla cima degli alberi, dall’asta di prua a quella di poppa. Ben presto il manometro segnò sei atmosfere e mezzo! Ma Tremal-Naik ed il capitano, assaliti da un’impazienza furiosa, da una specie di delirio, non erano ancora contenti. La loro voce risuonava ad ogni istante, stimolando i macchinisti ed i fuochisti che arrostivano dinanzi ai forni. Tre ore erano già trascorse, tre ore lunghe come tre secoli per l’indiano che anelava di rivedere quella donna che le era costata tanti sacrifici e tante emozioni.
Il canale andava a poco a poco restringendosi ed ingombrandosi di isole e di isolette fangose, in mezzo alle quali slanciavasi la cannoniera sfondando masse compatte di putridi vegetali. Tutto indicava che il viaggio stava per terminare.

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