Le rivelazioni del sergente (seconda parte)

Dietro ad un cespuglio s’alzò una forma umana, la quale strisciò svelta svelta in direzione del “bengalow”. Si arrestò proprio sotto la finestra, alzando la testa.
– Nagor! bisbigliò Tremal-Naik.
– Chi sei? – chiese il thug, dopo qualche istante di esitazione.
– Tremal-Naik.
– Devo salire?
Tremal-Naik guardò a destra e a manca con attenzione e tese l’orecchio.
– Sali, – disse poi.
Il “thug” gettò il laccio che si fermò ad un gancio della finestra, ed in un baleno giunse sul davanzale.
Era un uomo assai giovane, poco più che ventenne, alto, magro, dotato di una agilità straordinaria e, a quanto pareva, di un coraggio a tutta prova. Era quasi nudo, unto di recente d’olio di cocco, tatuato come gli altri settari e armato di pugnale.
– Sei libero? – chiese egli.
– Lo vedi, – rispose Tremal-Naik.
– I sipai?
– Dormono.
– Il capitano?
– Quell’indiano mi ha detto che non è più qui.
– Che abbia sospettato qualche cosa? – chiese il thug, coi denti stretti.
– Non lo credo.
– Bisogna sapere dove è andato. Il “figlio delle sacre acque del Gange” vuole la sua testa.
– Ma il sergente non parla.
– Parlerà, lo vedrai.
– Or che ci penso, questi uomini m’hanno fatto trangugiare una bevanda che mi ubbriacò e mi fece parlare.
– Qualche limonata di certo, – disse il thug sorridendo.
– Sì, è una limonata.
– La faremo bere al sergente.
Balzò nella stanza, gettò uno sguardo su Bhârata che attendeva tranquillamente la sua sorte, prese un bicchiere ripieno d’acqua e preparò la stessa limonata che il capitano Macpherson aveva fatto bere a Tremal-Naik.
– Trangugia questa bevanda, – diss’egli al sergente, dopo di avergli tolto il bavaglio.
– Mai! – rispose Bhârata, che aveva già indovinato di che cosa si trattava.
Il thug gli prese il naso fra le dita e lo strinse forte. Il sergente, per non morire asfissiato, fu costretto ad aprire le labbra. Bastò quel momento, perché la limonata gli fosse versata in bocca.
– Ora saprai ogni cosa, – disse Nagor a Tremal-Naik.
– Hai paura dei sipai? – gli chiese il “cacciatore di serpenti”.
– Io! – esclamò il thug, ridendo.
– Mettiti dinanzi alla porta e fa’ fuoco sul primo uomo che tenta salire la scala.
– Conta su di me, Tremal-Naik. Nessuno verrà ad interrompere il tuo interrogatorio.
Il “thug” prese un paio di pistole, guardò se erano cariche e uscì mettendosi in sentinella dinanzi alla porta.
Il sergente cominciava allora a ridere ed a parlare senza arrestarsi un sol istante.
Tremal-Naik, sorpreso, ascoltava quel torrente di parole, e raccolse a volo il nome del capitano Macpherson.
– Bravo sergente, – diss’egli. – Dov’è il capitano? – Bhârata nell’udire quella voce, si era arrestato. Guardò Tremal-Naik con due occhi che scintillavano e chiese:
– Chi mi parla?… Mi pareva di aver udito la voce di un “thug”…
ah!… ah!… Non vi saranno più “thugs” fra breve. Il capitano lo ha detto… e il capitano è un uomo di parola… un grand’uomo che non ha paura. Li assalirà nei loro covi… Li distruggerà colle bombe… Sarà bello vederli scappare coll’acqua alle calcagna… ah!… ah!…
ah!…
– E andrai anche tu a vederli? – chiese Tremal-Naik, che non perdeva parola.
– Si che ci andrò e verrai anche tu!… Ah!… ah!… sarà uno spettacolo bellissimo.
– E sai tu dov’è il loro covo?
– Sì che lo so. L’ha detto Saranguy.
– Ah!… miserabili!… – esclamò Tremal-Naik. – Ma anch’io saprò qualche cosa da te.
– Egli aveva bevuto la limonata, – ripigliò il sergente, – e narrò tutto.
– E c’era il capitano, quando Saranguy parlò! – chiese Tremal-Naik, fremendo.
– Ma sì, e partì subito per sorprenderli nel covo.
– Per Raimangal forse?
– No, no! – esclamò vivamente il sergente. – I “thugs” sono forti e occorrono molti uomini per ischiacciarli.
– E’ andato a Calcutta?
– Sì, a Calcutta, al forte William!… E armerà un bastimento… e imbarcherà tanta gente… e tanti cannoni… ah!… ah!… che spettacolo bellissimo.
Il sergente tacque. I suoi occhi si chiudevano, si aprivano, ma tornavano a chiudersi per quanto facesse per tenerli aperti. Tremal- Naik capì che l’oppio a poco a poco faceva il suo effetto.
– So quanto volevo sapere, – mormorò. – Ed ora, a Raimangal!

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