Negapatnan (seconda parte)

Il capitano Macpherson, gettando lungi da sé lo scudiscio, si era messo a passeggiare per la terrazza a passi concitati, cupo, meditabondo.
– Pazienza, – diss’egli coi denti stretti. – Quell’uomo tutto mi confesserà, dovessi strappargli ogni parola a colpi di ferro rovente.
D’un tratto s’arrestò alzando vivamente la testa. Da uno dei recinti era partito un formidabile barrito, proprio dell’elefante quando sente l’avvicinarsi d’un nemico.
– Oh! – esclamò egli. – Il barrito di Bhagavadi.
Si curvò sul parapetto della terrazza. I cani del “bengalow” fecero udire i loro latrati ed al di sopra di un recinto comparve la gigantesca tromba di un elefante, la quale emise un secondo barrito ancor più forte.
Quasi nello stesso tempo, a un trecento metri dal “bengalow”, si slanciò nell’aria una massa nera, dotata d’una straordinaria agilità, che subito ricadde nascondendosi fra le erbe.
Il capitano non riuscì, stante l’incerto chiarore, a distinguere che cosa fosse.
– Olà! – gridò egli.
Il sipai che vegliava sotto la tettoia, uscì colla carabina sotto il braccio.
– Capitano, – diss’egli, volgendo all’insù la faccia.
– Hai visto nulla?
– Sì, capitano.
– Era uomo o bestia?
– Mi parve un animale. Si alzò a trecento metri da qui.
La massa nera di prima tornò a spiccare un salto. Il sipai mandò un grido di terrore.
– La tigre!…
Il capitano si slanciò verso la sua carabina, l’armò e sparò dietro all’animale che fuggiva, con salti giganteschi, verso la jungla.
– Maledizione! – esclamò con rabbia.
Il felino alla detonazione s’era arrestato, facendo udire un sordo mugolìo, poi s’internò fra i bambù con maggiore rapidità.
– Cosa succede? – chiese Bhârata, precipitandosi nella terrazza.
– Abbiamo una tigre nei dintorni, – rispose il capitano.
– Una tigre! E’ impossibile, capitano!
– L’ho vista coi miei propri occhi.
– Ma se le abbiamo tutte distrutte!
– Pare che una sia sfuggita alle nostre carabine.
– L’avete colpita almeno?
– Non lo credo.
– Quell’animale ci darà fastidio, capitano.
– Per poco, te lo prometto. Non amo simili vicini.
– La caccieremo adunque?
Il capitano guardò l’orologio.
– Sono le tre. Fra un’ora conto di salire su Bhagavadi e fra due d’avere la pelle della tigre.

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