Uccidere per essere felice (seconda parte)

Sdraiato su di una stuoia stavasene un indiano alto come il truce Suyodhana, spalmato di fresco d’olio di cocco, col misterioso tatuaggio sul La sua faccia era d’una tinta bronzina, dura, feroce, con folta barba nera. Gli occhi suoi, profondamente incavati, brillavano d’una cupa fiamma.
– Addio, Kougli, – disse l’indiano entrando, ma pronunciando le parole quasi con pena.
– Ah! sei tu, amico, – rispose Kougli, alzandosi prontamente. – Cominciava a impazientirmi.
– La colpa non è mia; la strada è lunga.
– Lo so, amico mio. Come sono andate le cose?
– Benissimo; Darma ha eseguito appuntino la sua parte. Se non ero pronto, schiacciava la testa del capitano.
– L’aveva atterrato?
– Sì.
– Brava bestia la tua tigre.
– Non dico di no.
– Sicché sei ai servigi del capitano.
– Sì.
– In che qualità?
– Di cacciatore.
– Sospetta di nulla?
– No.
– Sa che ti sei allontanato dal “bengalow”?
– Non lo so. Del resto mi ha accordato ampia libertà di andarmene nei boschi o nella jungla, a cacciare.
– Sta’ in guardia però. Quell’uomo ha cent’occhi.
– Lo so.
– Narrami qualche cosa di Negapatnan.
– E’ arrivato ieri notte al “bengalow”.
– Lo so, nessuna cosa sfugge al mio sguardo. Dove l’hanno nascosto?
– Nel sotterraneo.
– Lo conosci quel sotterraneo?
– Non ancora, ma lo conoscerò. So che ha le pareti di uno spessore enorme, e che un sipai armato veglia dì e notte dinanzi alla porta.
– Sai più di quanto speravo. Lascia che te lo dica, sei un brav’uomo.
– Il “cacciatore di serpenti della jungla nera” è più forte e più astuto di quello che tu credi, – rispose l’indiano Saranguy.
– Sai se ha parlato Negapatnan?
– Non lo so.
– Se quell’uomo parla, noi siamo perduti.
– Diffidi di lui? – chiese Saranguy con una leggiera vibrazione ironica.
– No, poiché Negapatnan è un gran capo ed è incapace di tradirci. Ma il capitano Macpherson sa tormentare i suoi prigionieri. Orsù, veniamo al fatto.
La fronte di Saranguy s’aggrottò e un leggiero tremito percorse le sue membra.
– Parla, – diss’egli, con strano accento.
– Sai perché ti ho chiamato?
– Lo indovino, si tratta…
– Di Ada Corishant.
A quel nome, il cupo sguardo di Saranguy si spense; qualche cosa di umido brillò sotto le sue ciglia, e un profondo sospiro gli uscì dalle labbra scolorite.
– Ada!… Oh mia Ada!… – esclamò egli con voce soffocata. – Parla Kougli, parla. Soffro troppo, troppo!…
Kougli guardò l’indiano che si era accasciato su se stesso, stringendosl fortemente la fronte. Un sorriso satanico, un sogghigno atroce sfiorò rapidamente le sue labbra.
– Tremal-Naik, – disse con voce quasi sepolcrale.- Ti ricordi quella notte che ti rifugiasti nel pozzo colla tua Ada ed il maharatto?
– Sì, me lo ricordo, – rispose con voce sorda Saranguy, o meglio Tremal-Naik, il “caccialore di serpenti della jungla nera”.
– Tu eri in nostra mano. Bastava che Suyodhana lo volesse e tutti e tre a quest’ora dormireste sotto terra.
– Lo so. Ma perché rammentarmi quella notte!
– Bisogna che te la rammenti.
– Affrettati allora, non farmi soffrire tanto. Ho il cuore che mi sanguina.
– Sarò breve. I “thugs” avevano pronunciato la vostra sentenza di morte; tu dovevi essere strangolato, la “vergine della pagoda” doveva salire il rogo e Kammamuri morire tra i serpenti. Suyodhana fu quello che si oppose.
Negapatnan era caduto in mano degli inglesi e bisognava salvarlo. Tu avevi dato tante prove di essere un uomo audace e pieno di risorse e ti graziò, purché tu servissi la nostra setta.
– Affrettati.
– Ma tu amavi quella donna che si chiama Ada. Bisognava cedertela per avere un fedele e pronto alleato. La nostra dea Kâlì te la offre.
– Ah!… – esclamò Tremal-Naik, balzando in piedi, tutto trasfigurato.
– E’ vero quello che dici?
– Sì, è vero, – disse Kougli marcando su ogni parola.
– E sarà mia sposa?
– Sì, sarà tua sposa. Ma i “thugs” esigono qualche cosa da te.
– Qualunque cosa sia io l’accetto. Per la mia fidanzata darei alle fiamme l’India intera.
– Bisognerà uccidere.
– Ucciderò.
– Bisognerà salvare degli uomini.
– Li salverò, dovessi assalire una città zeppa di armi e d’armati.
– Bene; odimi.
Si levò dalla cintura una carta, la spiegò e la guardò alcuni istanti con profonda attenzione.
– I “thugs”, – disse – tu lo sai, amano Negapatnan, che è coraggioso.
intraprendente e forte. Vuoi la tua Ada? Libera Negapatnan, ma c’è Suyodhana che esige qualche cosa da te.
– Parla, – disse Tremal-Naik, che senza saperlo, provò un brivido.- Ti ascolto.
Kougli non aprì bocca. Egli guardava fissamente ed in modo strano il “cacciatore di serpenti”.
– Ebbene? – balbettò Tremal-Naik.
– Suyodhana ti cede la tua fidanzata a patto che tu uccida il capitano Macpherson…
– Il capitano…
– Macpherson, – terminò Kougli, schiudendo le labbra ad un crudele sorriso.
– E solo a questo prezzo mi si cederà Ada?…
– A questo prezzo solamente.
– E se rifiutassi?
– Non l’ameresti più.
– Io? Cosa ti dissi poco fa? Per la mia fidanzata darei l’India alle fiamme.
– Hai ragione. Nel caso però che ti rifiutassi, la “vergine della pagoda” salirà il rogo e Kammamuri morrà fra i serpenti. Li teniamo entrambi in nostra mano. Cosa decidi?
– La mia vita appartiene ad Ada. Accetto.
– Hai già qualche piano?
– Nessuno, ma lo troverò.
– Bada a me; prima libera Negapatnan.
– Lo libererò.
– Noi veglieremo su di te. Se avrai bisogno di aiuti, vieni da me.
– Il “cacciatore di serpenti” farà senza i “thugs”.
– Come vuoi: puoi andartene.
Tremal-Naik non si mosse.
– Cosa desideri? – chiese Kougli.
– E non potrò veder colei che io amo?
– No.
– Siete proprio inesorabili?
– Compi la missione, poi… quella donna…. sarà tua sposa. Va’, Tremal-Naik, va’.
L’indiano s’alzò in preda a una cupa disperazione e si diresse verso l’uscita .
– Tremal-Naik, – disse lo strangolatore, nel momento in cui varcava la soglia.
– Cosa vuoi?
– Non scordarti, che a noi preme la morte del capitano Macpherson!…

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