Il combattimento (seconda parte)

 Ilrajah , quantunque possedesse un coraggio straordinario, a quelle parole era diventato pallido.
 – Si vorrebbe uccidermi? – chiese con un tono di voce che non era più calmo.
 – Se non accettate lo scambio, lo farò – disse freddamente Sandokan.
 – Uno scambio? E quale?
 – Che i vostri mi restituiscano Yanez, ed io restituirò a voi la libertà.
 – Vi preme dunque quell’uomo?
 – Assai.
 – Perché?
 – Perché mi ha sempre amato come se fossi suo fratello. Accettate la proposta?
 – Accetto – disse ilrajah , dopo un momento di riflessione.
 – Dovete lasciarvi legare e imbavagliare.
 – Perché?
 – I vostri potrebbero ritornare qui in maggior numero e darci battaglia.
 – Volete condurmi via?
 – In un luogo sicuro.
 – Fate quello che credete.
 Sandokan fece un gesto a Kammamuri. Subito quattro barelle di rami intrecciati, portate da robusti pirati, si fecero innanzi. La prima era libera, la seconda era occupata da Tremal-Naik e le altre da duedayachi del drappello di Sambigliong, gravemente feriti.
 – Imbavaglia e lega ilrajah – disse Sandokan almaharatto .
 – Sta bene, capitano.
 Con solide corde legò ilrajah , lo imbavagliò con un fazzoletto di seta, indi lo fece collocare nella barella vuota.
 – Dove andiamo, capitano? – chiese quand’ebbe finito.
 – Torniamo all’accampamento – rispose Sandokan.
 Accostò il fischietto d’argento alle labbra e ne trasse tre note acute.
 I pirati che stavano inseguendo gli indiani tornarono rapidamente indietro, con Sambigliong e Aïer-Duk.
 Sandokan fece rapidamente l’appello.
 Undici uomini mancavano.
 – Sono morti – disse Tanauduriam.
 Il drappello si mise rapidamente in cammino, cacciandosi sotto i boschi e descrivendo un semicerchio attorno alla collina dominata dal fortino. Dieci uomini, guidati da Sambigliong e da Tanauduriam, aprivano la marcia con le carabine in mano, pronti a respingere qualsiasi attacco, poi venivano le barelle dei feriti, quella delrajah e quella di Tremal-Naik, Aïer-Duk, con gli altri, chiudeva la marcia.
 Il viaggio fu rapidissimo. Alle cinque del mattino, senza che avessero incontrato alcun indiano od alcundayaco , giungevano al villaggio abbandonato, difeso da solide palizzate e da terrapieni.
 Sandokan lanciò alcuni uomini in tutte le direzioni, per non venire improvvisamente attaccato dalle truppe di Sarawak, poi fece slegare ilrajah , il quale durante il viaggio non aveva mai tentato di pronunciare una parola.
 – Se non vi dispiace, scrivete, James Brooke – gli disse Sandokan presentandogli un foglietto di carta e una matita.
 – Cosa devo scrivere? – chiese ilrajah che sembrava assai calmo.
 – Che siete prigioniero della Tigre della Malesia e che per salvarvi bisogna porre immediatamente in libertà Yanez, o meglio lord Welker.
 Ilrajah prese il foglietto, se lo mise sulle ginocchia e si accinse a scrivere.
 – Un momento – disse Sandokan.
 – C’è qualcosa d’altro? – chiese l’inglese inarcando le ciglia.-
 Aggiungete che se fra quattro ore Yanez non è qui, io vi impiccherò al più grosso albero della foresta.
 – Sta bene.
 – Un’altra cosa aggiungete – disse Sandokan.
 – Ed è?…
 – Che non tentino di liberarvi con la forza, perché al primo drappello armato che scorgo vi faccio egualmente appiccare.
 – Pare che vi prema assai di vedermi appiccato – disse ilrajah con ironia.
 – Non lo nego, James Brooke – rispose Sandokan dardeggiando su di lui uno sguardo feroce. – Scrivete.
 Ilrajah prese la matita e scrisse la lettera che poi passò a Sandokan.
 – Va bene – rispose questi dopo averla letta. – Sambigliong!
 Il pirata accorse.

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