Il combattimento (terza parte)

 – Porterai questa lettera a Sarawak – disse la Tigre. – La consegnerai a lord James Guillonk.
 – Devo prendere le mie armi?
 – Nemmeno il tuokriss . Va’ e torna presto.
 – Correrò come un cavallo, capitano.
 Il pirata nascose la lettera sotto la cintura, gettò a terra la scimitarra, la scure ed ilkriss e partì di corsa.
 – Aïer-Duk – disse Sandokan, rivolgendosi al pirata che gli stava vicino. – Sorveglierai attentamente questo inglese. Bada che se fugge ti faccio fucilare.
 – Fidatevi di me, capitano – rispose il tigrotto.
 Sandokan armò la sua carabina, chiamò Kammamuri che si era accoccolato presso il suo padrone addormentato e lasciò il villaggio dirigendosi verso un’altura dalla quale, in lontananza, si vedeva la città di Sarawak.
 – Lo salveremo, dunque, il capitano Yanez? – chiese ilmaharatto che lo seguiva.
 – Sì – rispose Sandokan. – Fra due ore sarà qui.
 – Siete certo?
 – Certissimo. Ilrajah vale quanto Yanez.
 – State in guardia, però, capitano – disse ilmaharatto . – Gli indiani,m e a Sarawak ve ne sono parecchi, sono capaci di attraversare un bosco senza produrre il più piccolo rumore.
 – Non temere, Kammamuri. I miei pirati sono più astuti degli indiani e nessun nemico si avvicinerà al nostro villaggio senz’essere scoperto.
 – Ci inseguirà poi ilrajah ?
 – Certamente, Kammamuri. Appena sarà tornato a Sarawak raccoglierà le sue guardie e idayachi e si lancerà sulle nostre tracce.
 – Avremo quindi una seconda battaglia.
 – No, perché partiremo subito.
 – Per dove?
 – Per la baia ove trovasi Ada Corishant.
 – E dopo?
 – Acquisteremo unpraho e lasceremo per sempre queste coste, ti ho detto.
 – E dove condurrete il mio padrone?
 – Dove egli vorrà andare. –
 Erano allora giunti sulla cima dell’altura che si alzava di parecchi metri sopra i più alti alberi della boscaglia. Sandokan accostò le mani agli occhi per difenderli dai raggi solari e guardò attentamente il paese circostante.
 A dieci miglia era Sarawak. Il fiume che passava vicino alla città spiccava chiaramente fra il verde delle piantagioni e dei boschi, come un gran nastro d’argento.
 – Guarda laggiù – disse Sandokan additando almaharatto un uomo che correva come un cervo verso la città.
 – Sambigliong! – esclamò Kammamuri. – Se mantiene quel trotto sarà qui fra due ore.
 – Lo spero.
 Si sedette ai piedi di un albero e si mise a fumare, guardando attentamente la città. Kammamuri lo imitò.
 Trascorse un’ora, lunga quanto un secolo, senza che nulla accadesse; poi ne passò una seconda, più lunga per i due pirati della prima. Finalmente, verso le 10, un drappello di persone apparve vicino a un boschetto di ippocastani.
 Sandokan balzò in piedi. Sul suo viso, di solito impassibile, era dipinta una viva ansietà. Quell’uomo, quel pirata sanguinario, lo si capiva, amava straordinariamente il suo fido compagno, il coraggioso Yanez.
 – Dov’è? Dov’è?… – lo udì mormorare Kammamuri.
 – Vedo una veste bianca in mezzo al drappello. Guardate! – disse Kammamuri.
 – Sì, sì, la vedo! – esclamò Sandokan con indescrivibile gioia.- È lui, il mio buon Yanez. Presto, fratello mio, fa’ presto!
 Stette lì, immobile, curvo, con gli occhi fissi su quel vestito bianco, poi quando vide il drappello scomparire sotto la grande foresta si slanciò precipitosamente giù dall’altura correndo verso il campo.
 Due pirati che guardavano il bosco giungevano nel medesimo istante.
 – Capitano – gridarono, – essi vengono col signor Yanez.
 – Quanti sono? – chiese Sandokan, che si dominava a stento.
 – Dodici con Sambigliong.
 – Armati?
 – Senz’armi.
 Sandokan accostò il fischietto alle labbra e ne cavò tre note acute.
 In pochi istanti tutti i pirati si trovarono attorno a lui.
 – Preparate le armi – disse la Tigre.
 – Signore! – gridò James Brooke, che stava seduto ai piedi di un albero, attentamente guardato da Aïer-Duk. – Volete assassinare i miei uomini?
 La Tigre si volse verso l’inglese.
 – James Brooke – rispose con voce grave, – la Tigre della Malesia mantiene la sua parola. Fra cinque minuti voi sarete libero.
 – Chi va là? – gridò in quell’istante una sentinella appostata a duecento metri dalle trincee.
 – Amici – rispose la voce ben nota di Sambigliong. – Abbasso il fucile.

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