Il Governatore di Sedang (terza parte)

 – E a che cosa possono servire? – chiese la giovanetta con maggior sorpresa.
 – Per addormentare il governatore e le guardie che vegliano nella casa di Hassin.
 – Non riesco a comprenderti.
 – Col regalo che gli abbiamo mandato, il governatore c’inviterà a pranzo, o lo inviteremo noi. M’incarico io di fargli bere il narcotico, e quando lo vedremo addormentato andremo da Hassin, e là ripeteremo il giuoco con le guardie.
 – Ma ci lasceranno entrare dal prigioniero, quegli indiani?…
 – Penserà Bangawadi ad aprirci il passo, fingendo d’aver ricevuto l’ordine del governatore di farci visitare Hassin.
 – Ma dove condurremo il prigioniero?…
 – Dove vorrà lui, dove avrà i suoi partigiani. M’incarico io di far comprare dei cavalli dai nostri uomini.
 Stava per uscire quando vide ritornare Bangawadi. L’indiano pareva contento perché aveva il sorriso sulle labbra.
 – Il governatore vi attende – diss’egli, entrando.
 – Ha gradito il dono?… – chiese Kammamuri.
 – Non l’ho mai veduto così di buon umore come oggi.
 – Andiamo, padrona – disse ilmaharatto .
 Uscirono preceduti dalla guardia e seguiti dai quattro marinai dello yacht che avevano ricevuto dal lord l’ordine di non lasciare Ada un solo istante. Pochi minuti dopo giungevano alla sede del governatore di Sedang.
 Quel fabbricato, chiamato pomposamente palazzo dagli abitanti, era una modesta casa di legno, a due piani, col tetto coperto di tegole azzurre come le abitazioni del quartiere cinese di Sarawak, cinta da una palizzata e difesa da due pezzi di cannone arrugginiti, tenuti là per spauracchio, poiché non avrebbero potuto sparare due colpi di seguito senza scoppiare. Una dozzina d’indiani, vestiti come isipai del Bengala, con la giacca rossa, i calzoni bianchi, il turbante in capo, ma i piedi nudi, stavano schierati dinanzi alla cinta e presentarono le armi alla principessa deimaharatti . Il governatore attendeva la giovanetta ai piedi della scala, segno evidente che quel regalo di grande valore aveva fatto il suo effetto.
 Sir Hunton, comandante di Sedang, era un anglo-indiano che aveva preso parte alla sanguinosa crociera delRealista contro i pirati del Borneo in qualità di mastro d’equipaggio.
 Aveva quarant’anni, ma ne dimostrava di più perché il clima non era troppo propizio per gli stranieri. Era alto come tutti gli indiani, ma tarchiato; aveva la pelle leggermente abbronzata con sfumature dorate, gli occhi nerissimi, la barba più folta dei puri indostani e già brizzolata.
 Poiché aveva dato prove di grande coraggio e di fedeltà era stato destinato al comando di Sedang coll’incarico di esercitare un’attiva vigilanza sul nipote di Muda-Hassin. James Brooke non ignorava di avere un potente e pericoloso rivale nel discendente del defunto sultano.
 Sir Hunton, vedendo la principessa indiana, le mosse incontro tendendole la mano: si scoprì il capo, poi le offerse galantemente il braccio e la condusse in un salottino arredato con eleganti mobili europei.
 – A quale evento fortunato devo l’onore della vostra visita, Altezza? – chiese egli, sedendosi di fronte alla giovanetta. È un caso raro veder giungere in questa sperduta cittadina alle frontiere del reame una persona distinta come voi.
 – Compio un viaggio di piacere nelle isole della Sonda, sir, e ho voluto visitare anche Sedang, avendo solamente qui la possibilità di vedere quei formidabili tagliatori di teste che chiamasidayachi.
 – Siete venuta qui per pura curiosità? Credevo che lo scopo fosse un altro.
 – E quale?…
 – Per vedere il nipote di Muda-Hassin.
 – Non so chi sia.
 – Un rivale delrajah Brooke, che passa il suo tempo sognando continue cospirazioni.
 – Un uomo interessante, dunque?
 – Può essere.
 – Col vostro permesso non mancherò di visitarlo.
 – A qualunque altra persona non lo permetterei, ma a voi, Altezza, che venite dall’India e perciò non potete avere alcun interesse se non una certa curiosità, non negherò questo favore.
 – Grazie, sir.
 – Vi tratterrete molto qui?…
 – Alcuni giorni, finché il mio yacht avrà riparato alcuni guasti.
 – Siete giunta con uno yacht?…
 – Sì, sir.
 – E andrete poi a Sarawak?
 – Certamente; voglio vedere il famoso sterminatore dei pirati. Io sono una delle sue più ardenti ammiratrici.
 – È un valent’uomo ilrajah !
 – Lo credo.
 – Ritornate allo yacht questa sera?…
 – No, ho preso a pigione una piccola casa.
 – Allora spero che mi farete l’onore di accettare l’ospitalità della mia abitazione.
 – Ah!… Signore!…
 – È la migliore di Sadang.
 – Grazie, sir, ma amo meglio essere libera.
 – Allora spero che vii tratterrete oggi presso di me.
 – Non potrei rifiutare una simile cortesia.
 – Farò il possibile perché non abbiate ad annoiarvi, Altezza.
 – Intanto mi farete vedere il vostro regale prigioniero – disse Ada, ridendo.
 – Dopo il pranzo, Altezza, andremo a bere il tè da Hassin.
 – È un uomo gentile od un selvaggio?…
 – Un uomo astuto ed educato che ci farà buona accoglienza.
 – Conto su di voi, signore. Questa sera sarò vostra commensale.
 Si era alzata ad un cenno di Kammamuri, il quale l’aveva seguita tenendosi in un angolo del salotto. Il governatore la imitò e la condusse fino alla porta, dove il drappello indiano le rese gli onori spettanti al suo grado di principessa indostana.
 Ritornata alla propria abitazione, seguita sempre da Kammamuri e dai quattro indiani dello yacht, ritrovò l’indiano Bangawadi che l’attendeva sulla porta dimostrando una certa impazienza.
 – Ancora tu? – chiese la giovanetta.
 – Sì, padrona – rispose.
 – Hai delle novità?…
 – Ho parlato con Hassin.
 – Quando?
 – Pochi minuti or sono.
 – E che cosa gli hai detto?…
 – Che alcune persone s’interessano della sua sorte e cercano di farlo evadere.
 – E che cosa ti ha risposto?
 – Che è pronto a tutto.
 – Sei un brav’uomo, Bangawadi.
 – E lo sarai di più se tu tornerai da lui – aggiunse Kammamuri.
 – Sono a vostra disposizione.
 – Va’ allora, e gli dirai che questa sera la principessa Raibh andrà a visitarlo in compagnia del governatore, e che cerchi di essere solo, almeno nelle sue stanze. Dirai inoltre a lui che lasci a me la cura di preparare il thè per il governatore. –
 Poi, levandosi dalla cintola un piccolo diamante, glielo porse aggiungendo:
 – Questo è per te, e pagherai da bere alle sentinelle che vegliano sulla casa di Hassin. Questa sera poi offrirò io!…

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