La Baia di Sarawak (terza parte)

 Non erano trascorsi dieci minuti che si udì al largo una voce gridare:
 – Olà, della cannoniera!
 Sandokan e Yanez, nell’udire quella chiamata, si slanciarono sul cassero guardando attentamente verso il nord.
 – Le scialuppe, forse? – si chiese Sandokan, inquieto.
 – Non vedo che la cannoniera là in fondo – osservò Yanez.
 – Eppure quella chiamata veniva dal largo
 – Che abbiamo udito male?
 – Ne dubito Yanez
 – Cosa facciamo?
 – Ci terremo pronti e avanzeremo con precauzione.
 Sandokan rimase sul ponte qualche ora, sperando di raccogliere un altro grido, ma non udì altro che il rumore dei flutti che si infrangevano contro i fianchi del vascello e i gemiti del vento attraverso l’attrezzatura.
 A mezzanotte, tranquillo ma pensieroso, scendeva nella cabina del capitano dove Yanez l’aveva preceduto, stendendosi sul lettuccio. Tutta la notte l’Helgolandfilò, avanzando nella baia di Sarawak che andava a poco a poco restringendosi. Dagli uomini di guardia nulla era stato avvertito di straordinario; soltanto verso le due del mattino, a cinquecento metri a tribordo, era stata vista un’ombra nera passare con grandissima rapidità e sparire poco dopo. Tutti l’avevano scambiata per unpraho navigante senza fanali.
 All’alba, quaranta miglia separavano il vascello dalla foce del Sarawak in riva al quale, a poche ore di marcia, sorge la cittadina omonima.
 Il mare era tranquillo e il vento abbastanza buono. Qua e là si scorgevano alcuniprahos e alcunigiong , con le loro immense vele, e all’ovest, un po’ confusamente, il monte Matang, gigantesco picco che alzasi nell’aria sino a 2790 piedi e sui cui fianchi arrampicasi verdeggianti boscaglie.
 Sandokan, che non si sentiva tranquillo in quel mare battuto dai legni di James Brooke, lo sterminatore dei pirati malesi, fece spiegare sul corno la bandiera inglese, la grande striscia rossa sulla sommità della maestra, fece caricare i cannoni, ammonticchiare bombe nella batteria, aprire la Santa Barbara e armare i suoi uomini.
 Alle 11 del mattino, a sette miglia, appariva la costa, molto bassa, coperta di foreste lussureggianti e riparata da larghe scogliere. A mezzogiorno l’Helgolandgirava la penisola che si biforca, e si spingeva per buon tratto nella baia: poco dopo gettava l’ancora alla foce del fiume, al di là della punta Montabas.

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