La caccia all’Helgoland (seconda parte)

D’un tratto si chinò, come se volesse ascoltare meglio lo strepito delle onde, poi scoppiò in una risata argentina, esclamando:
 – Il Mangal!
 – Che cosa dice? – chiesero ad una voce Sandokan e Yanez.
 – Credo che scambi il mare per il fiume Mangal che bagna l’isola deithugs .
 – Povera giovane! – esclamò Sandokan sospirando.
 – Speri di farla ritornare in sé? – chiese Yanez.
 – Sì, lo spero – rispose Sandokan.
 – In qual modo?
 – Tde lo dirò quando avremo liberato Tremal-Naik.
 – Verrà con noi quella disgraziata?
 – Sì, Yanez. Durante la nostra assenza gli Inglesi potrebbero gettarsi su Mompracem e portarcela via.
 – Quando si partirà? – chiese Kammamuri.
 – Subito – disse Sandokan. – Abbiamo molta strada da percorrere e l’Helgolandforse non è molto lontano.
 Kammamuri prese per mano Ada e scese la scaletta, seguito dalla Tigre della Malesia e da Yanez.
 – Che impressione ti ha fatto quella sventurata? – chiese il portoghese a Sandokan.
 – Un’impressione dolorosa, Yanez – disse il pirata. – Ah, potessi un giorno farla felice!
 – Somiglia alla defunta Marianna?
 – Sì, sì, Yanez! – esclamò Sandokan con voce commossa. – Ha gli stessi lineamenti della mia povera Marianna!… Basta, Yanez, non parliamo più di quella morta. Ciò mi fa soffrire, immensamente soffrire!
 Erano allora giunti alle prime capanne del villaggio. Proprio in quel momento iprahos , carichi del bottino tolto allaYoung-India , entravano nella baia.
 Gli equipaggi, scorgendo il loro capo, lo salutarono con evviva entusiastici, agitando freneticamente le armi.
 – Viva l’invincibile Tigre della Malesia! – urlavano.
 – Viva il nostro valoroso capitano! – rispondevano i pirati del villaggio.
 Sandokan, con un solo gesto della mano, chiamò attorno a sé tutti i pirati, i quali non erano meno di duecento, la maggior parte malesi edayachi del Borneo, uomini coraggiosi come leoni, feroci come tigri, pronti a farsi uccidere per il loro capo che adoravano come una divinità.
 – Ognuno mi ascolti – diss’egli. – La Tigre della Malesia sta per intraprendere una spedizione che forse costerà la vita a gran numero di noi.
 Tigrotti di Mompracem, sulle coste del Borneo regna un uomo, figlio d’una stirpe che tanto male ci inflisse e che noi odiamo, un inglese, tiene in sua mano un mio amico, il fidanzato di questa povera pazza che è cugina della defunta regina di Mompracem.
 Un urlo immenso s’alzò attorno a Sandokan.
 – Lo si salvi!… lo si salvi!…
 – Tigrotti di Mompracem, io voglio salvare il fidanzato di questa infelice.
 – Lo salveremo, Tigre della Malesia, lo salveremo!… Chi lo tiene prigioniero?
 – Ilrajah James Brooke, lo sterminatore dei pirati.
 Questa volta non fu un urlo quello che irruppe dai petti dei pirati, fu un ruggito d’ira da far fremere:
 – Morte a James Brooke!…
 – Morte allo sterminatore dei pirati!
 – A Sarawak!… tutti a Sarawak!…
 – Vendetta, Tigre della Malesia!
 – Silenzio! – tuonò la Tigre della Malesia. – Karà-Olò, fatti innanzi.
 Un uomo gigantesco, dalla pelle giallastra, le membra cariche di anelli di rame e il petto adorno di perle di vetro, di denti di tigre, di conchiglie e di ciuffi di capelli, gli si avvicinò, impugnando un pesante sciabolone che si allargava verso l’estremità.
 – Quanti uomini conta la tua banda? – gli chiese Sandokan.
 – Ottanta – rispose il pirata.
 – Hai paura di James Brooke?
 – Non ho mai avuto paura di nessuno. Quando la Tigre della Malesia mi ordinerà di gettarmi su Sarawak, io l’assalirò e dietro a me verranno tutti i miei uomini.
 – T’imbarcherai con l’intera banda sullaPerla di Labuan . Non occorre che ti dica che ilpraho deve essere zeppo di palle e di polvere.
 – Sta bene, capitano.
 – Ed io, che cosa dovrò fare, capitano? – chiese un vecchio malese, sfigurato da più di venti cicatrici.
 – Tu, Nayala, rimarrai a Mompracem con le altre bande; lascia che vadano i giovani a Sarawak!
 – Rimarrò qui, giacché me l’ordinate, e difenderò l’isola finché avrò una goccia di sangue nelle vene.
 Sandokan e Yanez si intrattennero ancora a parlare coi capitani delle bande, indi salirono nella grande capanna.
 I loro preparativi furono brevi. Nascoste sotto le vesti alcune borse contenenti grossi diamanti, per un valore di forse due milioni, e scelte le carabine, le pistole, le scimitarre ed ikriss dalla punta acuta e avvelenata, ridiscesero verso la costa.
 LaPerla di Labuan , coperta di vele, ondeggiava nella piccola rada, impaziente di uscire in mare. Sul ponte stavano schierati gli ottantadayachi di Karà-Olò, pronti a manovrare.
 – Tigrotti – disse Sandokan, volgendosi verso i pirati affollati sulla spiaggia, – difendete la mia isola. – La difenderemo – risposero in coro i tigrotti di Mompracem, agitando le armi.
 Sandokan, Yanez, Kammamuri e lavergine della pagoda d’Oriente salirono in una imbarcazione e raggiunsero la nave, la quale, sciolte le gomene, navigò verso l’alto mare salutata da urla di:
 – Evviva laPerla di Labuan !…Evviva la Tigre della Malesia!… Evviva i tigrotti di Mompracem!

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