La resurrezione di Tremal-Naik (terza parte)

 – Cominciavo a temere – disse. – Come sta?
 – Benissimo.
 – Che cosa faceva?
 – Quando la lasciai dormiva.
 – Hai veduto qualcuno nei boschi?
 – Io no, ma Koty stamane ha visto un uomo passare lungo la sponda e guardare con viva curiosità il fortino. Vedendosi osservato si affrettò a scomparire.
 – E l’hai veduto quell’uomo?
 – L’ho cercato, ma non sono riuscito a scoprirlo.
 – Che sia una spia delrajah ? – chiese Yanez.
 – È probabile – rispose Sandokan che pareva preoccupato.
 – Che vengano ad assalirci qui?…
 – Chi può dirlo?
 – Che cosa conti di fare?…
 – Lasciare questo posto al più presto. Imbarchiamoci.
 I due capi e i loro uomini salirono nella scialuppa, attraversarono il braccio di mare che era largo due o trecento metri e sbarcarono ai piedi della fortezza ove li attendeva Koty.
 – Dorme ancora la vergine? – gli chiese Sandokan.
 – Sì, capitano.
 – È accaduto nulla di straordinario?
 – No.
 – Andiamo a vederla – disse Yanez.
 Sandokan gli additò Tremal-Naik che era stato deposto su di uno strato di erbe e di foglie verdi.
 – Mancano pochi minuti a mezzodì – disse. – Aspetta che si svegli.
 Ordinò ai suoi uomini di entrare nel fortino e si sedette accanto all’indiano che non dava ancora segno di vita. Yanez si accese una sigaretta e si sdraiò vicino a lui.
 – Ci vorrà molto, prima che apra gli occhi? – chiese dopo alcune fumate a Sandokan che guardava attentamente il viso dell’indiano.
 – No, Yanez. Vedo che la sua pelle a poco a poco riacquista il colore naturale. È segno che il suo sangue ricomincia a circolare.
 – Gli farai subito vedere la sua Ada?
 – Subito no, ma prima di questa sera sì.
 – E se non lo riconoscesse? Se ella non riacquistasse la ragione?
 – La riacquisterà.
 – Io dubito, fratello mio.
 – Ebbene, tenteremo una prova.
 – E quale?
 – A suo tempo te lo dirò.
 – E perché?…
 – Taci!…
 Un debole respiro aveva improvvisamente sollevato l’ampio petto di Tremal-Naik e aveva mosso leggermente le sue labbra.
 – Si sveglia, – mormorò Yanez.
 Sandokan si curvò sull’indiano e gli posò una mano sulla fronte.
 – Si sveglia – disse.
 – Subito?
 – Subito.
 – Senza fargli alcuna puntura?
 – Non ce n’è bisogno, Yanez.
 Un secondo respiro, più forte del primo, sollevò nuovamente il petto di Tremal-Naik e le sue labbra tornarono a muoversi. Poi le sue mani, che erano aperte, lentamente si chiusero, le sue gambe pure lentamente si piegarono e infine i suoi occhi si aprirono dilatandosi assai e si arrestarono su Sandokan.
 Rimase così alcuni istanti, come se fosse sorpreso di trovarsi tuttora in vita, poi, con uno sforzo violento, si alzò a sedere esclamando:
 – Vivo!… Ancora vivo!
 – E libero – disse Yanez.
 L’indiano guardò il portoghese. Lo riconobbe subito.
 – Voi!… Voi!… – esclamò. – Ma che cosa è successo? Come mi trovo qui? Ho dormito io?
 – Per Bacco! – esclamò Yanez ridendo. – Non vi ricordate di quella pillola che vi diedi nel fortino?
 – Ah!… Sì, sì… ora ricordo… voi eravate venuto a trovarmi… Signore, signore, quanto vi ringrazio di avermi liberato!…
 Così dicendo Tremal-Naik si era precipitato ai piedi di Yanez. Questi lo rialzò e lo strinse affettuosamente al petto.
 – Come siete buono, signore! – esclamò l’indiano che pareva avesse subito ricuperato le sue forze, e che era fuori di sé dalla gioia. – Libero! Sono libero!… Vi ringrazio, signore, vi ringrazio!…
 – Ringraziate quest’uomo, Tremal-Naik – disse Yanez additandogli Sandokan che, con le braccia incrociate sul petto, guardava con occhio commosso l’indiano. – È a quest’uomo, alla Tigre della Malesia, che voi dovete la vostra libertà.
 Tremal-Naik si precipitò verso Sandokan che lo accolse fra le sue braccia dicendo:
 – Sei mio amico!
 In quell’istante un urlo di gioia risuonò alle loro spalle. Kammamuri, che era allora uscito dal forte, correva loro incontro urlando:
 – Padrone! mio buon padrone!…
 Tremal-Naik si slanciò verso il fedelemaharatto che pareva fosse diventato pazzo.
 I due indiani si abbracciarono a più riprese, senz’essere capaci di scambiarsi una sola parola.
 – Kammamuri, mio buon Kammamuri! – esclamò finalmente Tremal-Naik. – Credevo di non rivederti mai più su questa terra. Ma come sei qui? Non ti hanno ucciso ithugs , dunque?
 – No, padrone, no. Io sono fuggito per cercare te.
 – Per cercare me! Ma sapevi che ero in questo luogo?
 – Sì, padrone, l’avevo saputo. Ah! padrone! quanto ti ho pianto dopo quella notte fatale. Io ti stringo fra le braccia, ti sento, eppure stento a credere che tu sia ancora vivo e libero. Non ci lasceremo più, è vero?
 – No, Kammamuri, mai più.
 – Vivremo assieme al signor Yanez e alla Tigre della Malesia. Quali nobili uomini, padrone! Se tu sapessi quanto hanno fatto per te, se tu sapessi quante lotte…
 – Alto là, Kammamuri – disse Yanez. – Altri uomini avrebbero fatto quello che abbiamo fatto noi.
 – Non è vero, padrone. Nessun uomo potrà mai fare ciò che hanno fatto la Tigre della Malesia e il signor Yanez.
 – Ma perché interessarsi tanto di me? – chiese Tremal-Naik. – Eppure non vi ho mai veduti, signori.
 – Perché foste un giorno il fidanzato di Ada Corishant – disse Sandokan, e mia moglie era cugina di Ada Corishant.
 A quel nome l’indiano aveva fatto un passo indietro, barcollando come se avesse ricevuto una pugnalata in mezzo al petto. Poi si coprì con le mani il viso, mormorando con voce straziante:
 – Ada!… o mia adorata Ada!…
 Un singhiozzo sollevò il suo petto e due lacrime, forse le prime che stillavano da quegli occhi, gli rotolarono più per le gote abbronzate. Sandokan gli si avvicinò e, abbassandogli le mani, disse con dolcezza:
 – Perché piangete, mio povero Tremal-Naik? Questo è un giorno di gioia.
 – Ah, signore!… – mormorò l’indiano. – Se voi sapeste quanto ho amato quella donna!… Ada!… oh mia Ada!…
 Un secondo singhiozzo lacerò il petto dell’indiano e nuove lacrime gli spuntarono sulle ciglia.
 – Calmatevi, Tremal-Naik – disse Sandokan. – La vostra Ada non è perduta.
 L’indiano risollevò il capo che teneva curvo sul petto. Un lampo di speranza balenava nei suoi occhi neri.
 – Ella è salva?
 – Salva!… – disse Sandokan. – Ed è qui, in quest’isolotto.
 Un urlo inumano irruppe dalle labbra di Tremal-Naik.
 – Ella è qui… qui!… – gridò gettando all’intorno sguardi smarriti.
 – Dov’è?… Io voglio vederla, io voglio vederla!… Ada!… Ada!… Oh mia adorata Ada!…
 Fece l’atto di slanciarsi verso il fortino, ma Sandokan lo afferrò per i polsi e con tale forza da fargli crocchiare i polsi.
 – Calmatevi – gli disse. – Ella è pazza.
 – Pazza!… la mia Ada pazza!… – gridò l’indiano. – Ah!… Ma io voglio vederla, signore, io voglio vederla fosse pure per un solo momento.
 – La vedrete, ve lo prometto.
 – Quando?
 – Fra pochi minuti.
 – Grazie, signore! grazie!
 – Sambigliong! – gridò Yanez.
 Ildayaco , che ronzava attorno al fortino esaminando attentamente le palizzate per assicurarsi se erano abbastanza solide per sostenere un assalto, alla chiamata del portoghese accorse.
 – Dorme lavergine della pagoda ? – chiese Sandokan.
 – No, capitano – rispose il pirata. – È uscita alcuni minuti fa coi suoi guardiani.
 – Dove si è diretta?
 – Verso la costa.
 – Venite, Tremal-Naik – disse Sandokan prendendogli una mano. Ma vi raccomando di essere calmo: ricordate che è pazza.

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