La rivincita del Rajah Brooke (seconda parte)

 – Maledetto – ruggì Sandokan, guardandolo con due occhi che mandavano fiamme. – Ah! Perché non ho un praho anch’io? Ti farei vedere come sanno battersi all’arma bianca i tigrotti di Mompracem!…
 Un nuovo colpo di cannone rimbombò sul ponte del legno nemico e una nuova palla venne ad aprire un nuovo foro.
 La Tigre della Malesia mandò un urlo di dolore e di rabbia.
 – Tutto è finito! – esclamò.
 Si precipitò giù dal tetto della capanna, seguito da tutti i suoi compagni, mentre un nembo di mitraglia spazzava la sommità del forte, salì sulla barricata che chiudeva l’entrata del fortino gridando:
 – Fuoco, tigrotti di Mompracem, fuoco! Mostriamo alrajah come sanno battersi i pirati della Malesia!…
 La battaglia prendeva allora proporzioni spaventevoli. Le truppe delrajah , che fino allora si erano tenute nascoste sotto i boschi, si erano spinte verso la spiaggia e di là facevano un fuoco infernale; la flottiglia, tenutasi sempre ad una rispettabile distanza, vedendosi appoggiata dai cannoni del legno, aveva ora fatto una mossa innanzi, risoluta, a quanto pareva, ad approdare all’isola.
 La posizione dei pirati divenne ben presto disperata. Combattevano con rabbia estrema, ora tirando sulla nave, ora tirando sulla flottiglia, ora sparando sulle truppe ammassate sulla spiaggia della baia, entusiasmati dalla voce della Tigre della Malesia; ma erano troppo pochi per tener testa a tanti nemici!
 Le palle cadevano fitte, entrando per le feritoie e le fessure della cinta, e facevano cadere a due, a tre alla volta i pirati che sparavano dall’alto della palizzata. E spesso non erano semplici palle, ma granate che i cannoni delRealista vomitavano e che, scoppiando con terribile violenza, aprivano brecce enormi, per le quali il nemico, una volta sbarcato, poteva penetrare nel fortino.
 Alle tre del mattino un nuovo soccorso giungeva agli assalitori. Era uno svelto yacht armato di un solo ma grosso cannone, il quale aprì subito il fuoco contro le ormai cadenti palizzate del forte.
 – È finita! – disse Sandokan dall’alto della barricata, mentre con le dita arse, la faccia stravolta, tirava contro la flottiglia che continuava ad avanzare. – Fra dieci minuti bisognerà arrendersi.
 Alle quattro del mattino, nel fortino non rimanevano che sette persone: Sandokan, Yanez, Tremal-Naik, Ada, Sambigliong, Kammamuri e Tanauduriam. Avevano lasciato la cinta che non offriva più riparo alcuno e si erano ritirati nella gran capanna, una parte della quale era stata già distrutta dalle cannonate delRealista e dello yacht.
 – Sandokan – disse Yanez ad un certo momento, – non possiamo più resistere.
 – Finché abbiamo polvere e palle non dobbiamo arrenderci – rispose la Tigre della Malesia, guardando la flottiglia nemica che, respinta sei volte di seguito, tornava alla carica per sbarcare i suoi uomini.
 – Noi siamo soli, Sandokan. Abbiamo con noi una donna,la vergine della pagoda .
 – Possiamo ancora vincere, Yanez. Lasciamo che i nemici sbarchino e gettiamoci a corpo perduto contro di loro.
 – E se una palla cogliesse la Vergine? Guarda, Sandokan, guarda!…
 Una granata lanciata dalRealista era in quel momento scoppiata, sfondando un lungo tratto della parete. Alcuni frammenti di ferro entrarono nel camerone, fischiando sopra il gruppo dei pirati.
 – Ammazzano la mia fidanzata!… – esclamò Tremal-Naik che si era prontamente gettato dinanzi allavergine della pagoda .
 – Bisogna arrendersi o prepararsi a morire – disse Kammamuri.
 – Arrendiamoci, Sandokan – gridò Yanez. – Si tratta di salvare la cugina di Marianna Guillonk.
 Sandokan non rispose. Dinanzi ad una delle finestre col fucile fra le mani, gli occhi fiammeggianti, le labbra semiaperte, i lineamenti alterati da una rabbia violenta, guardava il nemico che si avvicinava rapidamente all’isola.
 – Arrendiamoci, Sandokan – ripeté Yanez.
 La Tigre della Malesia rispose con un rauco sospiro. Una seconda granata entrò da un foro e cadde contro la parete opposta dove scoppiò, scagliando all’intorno schegge infuocate.
 – Sandokan!… – gridò per la terza volta Yanez.
 – Fratello – mormorò la Tigre.
 – Bisogna arrendersi.
 – Arrendersi!… – gridò Sandokan con un accento che più nulla aveva di umano. – La Tigre della Malesia arrendersi a James Brooke!… Perché non ho un cannone da opporre a quelli delrajah ? Perché non ho qui i tigrotti lasciati nella mia Mompracem?… Arrendermi!… Arrendersi la Tigre della Malesia!…
 – Hai una donna da salvare, Sandokan!…
 – Lo so…
 – E questa donna è la cugina di tua moglie.
 – È vero! è vero!
 – Arrendiamoci, Sandokan.
 Una terza granata scoppiò nella stanza mentre due palle di grosso calibro, colpendo la sommità della capanna, facevano rovinare buona parte del tetto. La Tigre della Malesia si volse e guardò i suoi compagni. Avevano tutti le armi in pugno ed erano pronti a continuare la lotta; in mezzo ad essi lavergine della pagoda . Sembrava tranquilla, ma nei suoi occhi si leggeva la più viva ansietà.
 – Non vi è più speranza alcuna – mormorò con voce cupa il pirata. – Fra dieci minuti nessuno di questi prodi rimarrà in piedi. Bisogna arrendersi. –
 Si prese il capo fra le mani e parve volesse schiacciarsi la fronte.
 – Sandokan! – disse Yanez.
 Un urrah fragoroso coperse la sua voce. I soldati delrajah avevano attraversato il braccio di mare e si dirigevano verso il forte.
 Sandokan si scosse. Impugnò la sua terribile scimitarra e fece l’atto di slanciarsi fuori della capanna per contrastare il passo ai vincitori, ma si trattenne.
 – L’ultima ora è suonata per le tigri di Mompracem! – esclamò con dolore. – Sambigliong, issa la bandiera bianca.
 Tremal-Naik con un gesto arrestò il pirata che stava legando uno straccio bianco sulla canna di un fucile, e si avvicinò a Sandokan tenendo per mano la sua fidanzata.
 – Signore – gli disse, – se vi arrendete, io, Kammamuri e la mia fidanzata saremo salvi, ma voi, che siete pirati e perciò odiati a morte dalrajah , verrete senza dubbio tutti impiccati. Voi ci avete salvati: noi mettiamo nelle vostre mani la vita di noi tutti. Se avete ancora la speranza di vincere, comandate l’assalto e noi ci slanceremo contro il nemico al grido di: Viva la Tigre della Malesia! Viva Mompracem!
 – Grazie, miei nobili amici – disse Sandokan con voce commossa, stringendo vigorosamente le mani della giovinetta e dell’indiano. – Ormai il nemico ha approdato e noi non siamo che sette. Arrendiamoci.
 – Ma voi? – chiese Ada.
 – James Brooke non mi appiccherà, signora – rispose il pirata.
 – La bandiera bianca, Sambigliong – disse Yanez.
 Il pirata s’arrampicò sul tetto della capanna e agitò lo straccio bianco. Subito s’udì uno squillo di tromba echeggiare sul ponte delRealista , seguito da strepitosi urrah.

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