L’Helgoland (terza parte)

 Le due finestre, riparate da grossi vetri e da cortine di seta, davano sulla poppa della nave e permettevano alla luce e all’aria di entrare liberamente.
 – Sir Strafford – disse Yanez, – chi abbiamo vicino alla nostra cabina?
 – Il capitano alla vostra destra, e vostra sorella a sinistra.
 – Benissimo. Scambieremo qualche parola attraverso le pareti.
 L’ufficiale si ritirò, avvertendoli che sarebbe stato subito servito il pranzo.
 – Ebbene, fratellino mio, come va? – chiese Yanez quando furono soli. –
 Va tutto a gonfie vele – rispose Sandokan: – quei poveri diavoli ci credono davvero due galantuomini.
 – Che cosa ne dici del vascello?
 – È un legno di prima classe che farà ottima figura a Sarawak.
 – Hai contato gli uomini di bordo?
 – Sì, sono una quarantina.
 – Accidenti! – esclamò il portoghese facendo una brutta smorfia.- Hai paura di quaranta uomini?
 – Non dico di no.
 – Siamo in buon numero e tutti scelti, Yanez.
 – Ma hanno dei buoni cannoni, gli Inglesi.
 – Ho incaricato Hirundo di venirmi a dire di quali mezzi dispone il vascello. Il ragazzo è furbo e ci dirà tutto.
 – Quando faremo il colpo?
 – Questa notte. Domani, a mezzogiorno, saremo alla foce del fiume.
 – Zitto, ecco losteward .
 Il garzone portava, aiutato da due mozzi, un lauto pranzo: due sanguinolentibeefsteaks , un colossalepudding , scelte bottiglie di vino francese e di gin. I due pirati, che avevano appetito, si sedettero a tavola, assaltando bravamente il pranzo.
 Stavano intaccando ilpudding , quando al di fuori si udì un passo silenzioso e un leggero sibilo.
 – Entra, Hirundo – disse Sandokan.
 Un bel giovanotto, color del bronzo, ben piantato, con lo sguardo vivo entrò chiudendo dietro di sé la porta.
 – Siedi e narra, Hirundo – disse Yanez. – Dove sono i nostri?
 – Nel frapponte – rispose il giovanedayaco .
 – Che cosa fanno?
 – Accarezzano le armi.
 – Quanti cannoni vi sono nella batteria? – chiese Sandokan.
 – Dodici, Tigre.
 – Questi inglesi sono ben armati. James Brooke avrà un osso duro da rosicchiare, se gli salterà il ticchio di abbordarci. Con una sola bordata manderemo a picco il suo famosoRealista .
 – Lo credo, Tigre.
 – Odimi, Hirundo, e cacciati in testa le mie parole.
 – Sono tutto orecchi.
 – Che nessuno dei nostri si muova, per ora. Quando la luna tramonterà, rovesciate i cannoni della batteria e salite in massa sul ponte gridando: al fuoco! al fuoco! I marinai, gli ufficiali e il capitano saliranno in coperta e noi daremo loro addosso, se non si arrenderanno. Mi hai capito?
 – Perfettamente, Tigre della Malesia. Avete altro da dirmi?
 – Sì, Hirundo. Quando uscirai di qui, entrerai nella cabina dellavergine della pagoda , che è attigua a questa, e dirai a Kammamuri di barricare solidamente la porta e di non uscire finché durerà il combattimento.
 – Ho capito, Tigre della Malesia.
 – Vattene e obbedisci.
 Hirundo uscì ed entrò nella cabina dellavergine della pagoda sacra .
 – Li ammazzeremo tutti?
 – No, Yanez, li costringeremo ad arrendersi. Mi spiacerebbe uccidere questi uomini che ci hanno accolto con tanta gentilezza.
 I due pirati terminarono tranquillamente il pasto vuotando parecchie bottiglie, sorseggiarono il thè recato dallosteward e si sdraiarono nei loro lettucci, aspettando pazientemente il segnale per precipitarsi in coperta.
 Verso le otto il sole sparve sotto l’orizzonte e le tenebre si stesero a poco a poco, sull’ampia superficie d’acqua che diventava rapidamente oscura.
 Sandokan diede uno sguardo fuori dal finestrino.
 A babordo, a grande distanza, gli sembrò di vedere una massa nerastra ergersi verso le nubi: a poppa, pure assai lontana, una vela biancastra che radeva l’orizzonte.
 – Siamo in vista del monte Matang – mormorò. – Domani saremo a Sarawak.
 Tese gli orecchi, avvicinandosi alla porta della cabina.
 Udì due persone scendere la scaletta, un bisbiglio, poi due porte aprirsi e chiudersi; una a destra e l’altra a sinistra.
 – Bene – tornò a mormorare. – Il capitano e il luogotenente sono entrati nelle loro cabine. Tutto va a meraviglia.
 Accese il suoscibouk che aveva avuto il tempo di salvare dal naufragio insieme alle pistole, alla sua scimitarra e al suokriss d’inestimabile prezzo, e si mise a fumare colla maggiore tranquillità.
 Poco dopo udì suonare nella cabina del capitano le nove, poi le dieci, indi le undici. Sussultò come se fosse stato colpito da una pila elettrica. Balzò dal letto.
 – Yanez – esclamò.
 – Fratello – rispose il portoghese.
 La Tigre della Malesia fece due passi verso l’uscio colla mano destra sull’impugnatura della scimitarra. Un grido terribile rimbombò nel ventre del vascello perdendosi sul mare.
 – Al fuoco! al fuoco!
 – Saliamo! – esclamò Sandokan.
 I due pirati, aperta la porta, si slanciarono sul ponte come tigri.

Speak Your Mind

*

 

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.