Lo yacht di Lord James (prima parte)

 La baia, dopo quel furioso cannoneggiamento e quella tremenda lotta che aveva distrutte le indomabili tigri della selvaggia Mompracem e vinti gli ultimi superstiti della formidabile banda, era ritornata silenziosa.
 IlRealista si era allontanato assieme alla piccola flottiglia e le truppe delrajah avevano ripresa la via dei boschi per ritornare a Sarawak. Solo rimaneva lo yacht ancorato presso l’isolotto, in attesa di Lord James che ne era il proprietario.
 Dinanzi al fortino, seduta su un pezzo di cinta che le palle dei cannoni avevano diroccato, singhiozzava Ada e presso di lei stavano il vecchio Lord e Kammamuri.
 – Imbarchiamoci, nipote mia, – diceva il Lord. – Non è colle lagrime che noi potremmo salvarli.
 – È vero, padrona, – diceva ilmaharatto. – Bisogna agire e presto. Pensate che fra quaranta giorni Sandokan verrà condotto in India e che se quell’uomo non è qui, forse nemmeno il mio padrone potrà essere libero.
 – Ho l’anima infranta, zio. lo non so, ma si direbbe che su di me pesa la maledizione dell’orribile divinità deithugs.
 – Lascia andare simili ubbie, Ada, e partiamo.
 – Ma per dove?
 – Per Mompracem, – disse una voce dietro di loro.
 Si volsero tutti e tre e si trovarono dinanzi ad un pirata col viso sfigurato e imbrattato di sangue.
 – Chi siete? – chiese il Lord, indietreggiando.
 – Aïer-Duk, uno dei capi-banda della Tigre della Malesia.
 – Vivo ancora!… – esclamarono Ada e Kammamuri.
 – Ho pensato che un uomo libero poteva essere più utile al capitano che un morto, e quando ho veduto che la battaglia era perduta, mi sono lasciato cadere fra i cadaveri.
 – Ma, disgraziato, tu sei ferito!… – esclamò Ada.
 – Bah!… – fe’ il pirata alzando le spalle. – La palla che mi ha colpito è solamente strisciata sul mio cranio.
 – È una fortuna che tu sia vivo, – disse il Lord. – Sarai tu che andrai a Mompracem a levare le bande di Sandokan.
 – Sono pronto a partire, milord. Ho udito tutto ciò che ha detto il capitano e basta che abbia un canotto qualunque per prendere subito il largo. Imbarcherò tutte le tigri di Mompracem e le condurrò dal nipote di Muda-Hassin.
 – Ti procurerò un canotto a vapore, – disse il Lord. – Io ne posseggo uno.
 – Quando potrò partire?
 – Appena saremo giunti a Sarawak. A bordo, amici miei, e ritorniamo in città.
 – Andiamo, zio, – disse Ada. – Non sarò da meno di Tremal-Naik e dei suoi valorosi amici.
 – Una parola, milord, – disse Kammamuri.
 – Parla.
 – Ritornando a Sarawak non metteremo in sospetto ilrajah? Sarebbe meglio fargli credere di essere partiti per l’India.
 – t vero, – disse Lord James, colpito da quella riflessione. -Potrebbe credere che noi tentassimo la liberazione di Sandokan e di Tremal-Naik. Sei molto perspicace, Kammamuri.
 – Sonomaharatto – rispose l’indiano, con orgoglio.
 – Milord, – disse Aïer-Duk, – sapete dove si trova il nipote di Muda-Hassin?
 – A Sedang.
 – Libero?
 – Guardato a vista.
 – Sedang è sul fiume omonimo, se non m’inganno.
 – Sì.
 – Andate ad ancorarvi alla foce di quel corso d’acqua, milord, ed io fra due settimane verrò a raggiungervi colla flottiglia di Mompracem. Intanto potrete cercare d’avvicinare il nipote di Muda-Hassin e metterlo al corrente degli avvenimenti che si preparano.
 – Credo che sia il progetto migliore, – disse il Lord. – In tal modo eviteremo le diffidenze delrajah. Imbarchiamoci, amici: ormai più nulla abbiamo da fare qui. –
 Una scialuppa dello yacht, montata da sei marinai, li attendeva alla punta estrema dell’isolotto. Il Lord, Ada, Kammamuri ed il pirata così miracolosamente scampato alla morte, s’imbarcarono e raggiunsero la piccola nave.
 Quello yacht era uno dei più belli e dei più eleganti che si fossero veduti in quei mari. Stazzava centocinquanta tonnellate tutt’al più; aveva la carena stretta, la prua tagliata ad angolo retto ma costruita a prova di scoglio ed era attrezzato a goletta, con certe rande che avevano uno sviluppo enorme per poter approfittare anche delle più deboli brezze.
 Lord James, da vero gran signore, l’aveva fatto ammobiliare con ricercatezza. Le cabine ed il salotto del quadro non potevano essere più eleganti, né più comode e la cantina e la dispensa non potevano essere meglio fornite.
 Lo montavano venti uomini, scelti per lo più fra i bughisi, valenti marinai che non la cedono ai malesi, che pur sono considerati come i più intrepidi lupi di mare di tutto il vasto arcipelago della Sonda.
 Solamente il mastro ed il sotto-capitano erano di razza diversa, poiché erano meticci anglo-indiani, allievi senza dubbio della scuola marittima di Calcutta o di Bombay.

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