Lord James Guillonk (seconda parte)

 – Vive ancora?
 – Mi è stato detto che è morto.
 – Aveva una figlia che si chiamava Ada?
 – Sì, ma gli fu rapita daithugs indiani, né si udì più parlare di lei.
 – Credete che si ancora viva?
 – Non lo credo.
 – Allora…
 – Questo pirata c’inganna.
 – Milord – disse il portoghese, alzando la testa e guardandolo in viso. – Se io giurassi sul mio onore che quanto vi ho detto è vero, mi credereste voi?
 – Un pirata non ha onore – disse con disprezzo lord Guillonk.
 Yanez impallidì e la sua mano corse al calcio di una pistola.
 – Milord – disse con voce grave. – Se dinanzi non avessi lo zio di lady Marianna, a quest’ora avrei commesso un omicidio. È la quarta volta che io vi dono la vita, non dimenticatelo.
 – Ebbene, parlate. Forse presterò fede alle vostre parole.
 – Ripeto ciò che vi dissi poco fa. La Tigre della Malesia è qui per salvare un uomo ingiustamente condannato che ama Ada Corishant, vostra parente.
 – Dov’è mia nipote?
 – Ada Corishant si trova con la Tigre della Malesia.
 – Dove?
 – Non ve lo posso dire, ora.
 – Perché?
 – Perché voi sareste capaci di piombare su Sandokan e farlo prigioniero od ucciderlo. Promettete di lasciarlo partire libero per la sua isola ed io vi dirò dove si trova e ciò che sta facendo in questo momento.
 – Questa promessa non uscirà mai dalle mie labbra – disse ilrajah , intervenendo. – È tempo che la Tigre della Malesia scompaia per sempre da questi mari, che per tanti anni ha insanguinato.
 – E nemmeno dalle mie – aggiunse lord Guillonk. – Sono cinque anni che attendo la vendetta.
 – Ebbene, signori, fatemi frustare, fatemi arrostire a lento fuoco, fatemi soffrire mille tormenti, dalla bocca di Yanez de Gomera non uscirà più sillaba. –
 Mentre Yanez parlava, due indiani erano entrati dalla finestra e si erano silenziosamente avvicinati allo scrittoio. Pareva che non attendessero che un segnale per slanciarsi.
 – Dunque? – disse ilrajah , dopo aver fatto un rapido cenno ai suoi uomini. – Dunque voi non parlerete?
 – No, altezza – rispose Yanez con incrollabile fermezza.
 – Ebbene, signore, io James Brooke,rajah di Sarawak, vi arresto! –
 A quelle parole i due indiani si slanciarono sul portoghese che non si era accorto della loro presenza e lo rovesciarono, strappandogli le pistole.
 – Miserabili! – gridò il prigioniero.
 Con uno sforzo erculeo li atterrò, ma altri indiani balzarono nella stanza e prontamente lo legarono e lo imbavagliarono.
 – Dobbiamo ucciderlo? – chiese il capo di quegli uomini, sguainando il suokriss .
 – No – rispose ilrajah . – Quest’uomo deve farci delle rivelazioni.
 – Parlerà? – chiese Guillonk.
 – Subito, milord – rispose Brooke.
 Ad un suo cenno un indiano uscì; poco dopo tornò recando sopra un vassoio d’argento una tazza colma di un’acqua verdognola.
 – Che cos’è quella bevanda? – chiese il lord.
 – Una limonata – disse ilrajah .
 – Per che farne?
 – Farà parlare il prigioniero.
 – Ne dubito,rajah Brooke.
 – Lo vedrete.
 – Avete mescolato qualche veleno?
 – Un po’ di oppio e alcune gocce diyouma .
 – È una bevanda indiana?
 – Sì, milord.
 Due indiani, ad un suo cenno, levarono a Yanez il bavaglio, gli aprirono per forza la bocca e gli fecero inghiottire la limonata.
 – State attento, milord – disse ilrajah . – Sapremo fra poco dove si nasconde la Tigre della Malesia.
 Il prigioniero era stato nuovamente imbavagliato, malgrado i suoi morsi e le sue violenti scosse, perché con le sue grida non mettesse sottosopra gli invitati che continuavano a danzare e a bere nella sala vicina.
 Dopo cinque minuti il suo viso, pallido per l’ira, cominciò a colorirsi ed i suoi occhi a risplendere come quelli di un serpente irritato. I suoi contorcimenti e i suoi sforzi scemarono a poco a poco, finché cessarono del tutto.
 – Lasciatelo ridere – disse ilrajah .
 Un indiano tornò a levare il bavaglio. Cosa strana: Yanez, che poco prima pareva in preda ad una collera furiosa, ora minacciava di scoppiare dalle risa!

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