Narcotici e veleni (quarta parte)

 Il portoghese nascose le pillole e le boccettine, si gettò a bandoliera il fucile e si alzò.
 – Te ne vai?
 – Sarawak è lontana, fratello mio.
 – Quando farai il colpo?
 – Domani.
 – Mi farai subito avvertire da Kammamuri?
 – Non mancherò; addio, fratello.
 Scese la pericolosa scala, salutò i tigrotti e tornò a cacciarsi sotto la foresta, cercando di orizzontarsi. Aveva percorso sei o settecento metri, quando fu raggiunto dalmaharatto .
 – Altre novità? – chiese il portoghese, arrestandosi.
 – Una e forse grave, signor Yanez – disse ilmaharatto . – Un pirata è tornato or ora al campo ed ha riferito alla Tigre di aver veduto, a tre miglia da qui, una banda didayachi guidata da un vecchio bianco.
 – Se lo incontrerò gli augurerò buon viaggio.
 – Aspettate un po’, signor Yanez – disse ilmaharatto . – Il pirata ha detto che quel vecchio dalla pelle bianca somigliava all’uomo che ha giurato di appiccare la Tigre e voi.
 – Lord James Guillonk! – esclamò Yanez, impallidendo.
 – Sì, padron Yanez, quell’uomo somigliava allo zio della defunta moglie di Sandokan.
 – È impossibile!… È impossibile!… Chi è il pirata che lo ha visto?
 – Il malese Sambigliong.
 – Sambigliong!… – balbettò Yanez. – Questo malese era con noi quando rapimmo la nipote di lord James, anzi, se la memoria non m’inganna, affrontò lo stesso lord che stava per spezzarmi il cranio. Per Giove!… Io corro un gran pericolo.
 – Quale? – chiese ilmaharatto .
 – Se lord Guillonk viene a Sarawak io sono perduto. Mi vedrà, mi riconoscerà, quantunque siano trascorsi sei anni dall’ultima volta che ci siamo incontrati, e mi farà arrestare e appiccare.
 – Ma il malese non ha detto che quel vecchio era il Lord. Somigliava e nulla pi.
 – Ti ha mandato Sandokan ad avvertirmi?
 – Sì padron Yanez!
 – Gli dirai che starò in guardia, ma che cerchi d’impadronirsi di quel vecchio dalla pelle bianca. Addio, Kammamuri, domani mattina ti attendo alla taverna cinese.
 Il portoghese, molto inquieto, si rimise in marcia, guardandosi attentamente attorno e tendendo gli orecchi, timoroso di trovarsi da un istante all’altro dinanzi a quel vecchio. Fortunatamente non udivasi, sotto la gigantesca boscaglia, alcuna voce umana, né alcun segnale. I soli rumori che rompevano il silenzio erano le grida degliargus giganti, magnifici fagiani che svolazzavano a centinaia, quelle non meno acute delle cacatue nere e quelle rauche delle scimmie dal naso lungo, così chiamate perché il loro naso è molto prominente e rosso come quello di Bacco.
 Camminò così, con grandi precauzioni, fra cespugli inestricabili e gigantesche macchie, ora piegando a destra e ora a sinistra, per cinque ore. Non giunse a Sarawak che al calar del sole, affranto dalla fatica e affamato come un lupo. Pensò che fosse troppo tardi per recarsi a pranzare dalrajah e si recò alla taverna del cinese. Dopo un lauto pranzo, annaffiato da parecchie bottiglie, fece ritorno alla palazzina. Alla sentinella, prima di entrare, chiese se un vecchio dalla pelle bianca fosse giunto, ma, avutane risposta negativa, salì nella sua camera.
 Ilrajah si era ritirato nella sua stanza da qualche ora.
 – Meglio così – mormorò Yanez. – Un cacciatore che torna senza un pappagallo può allarmare quella vecchia volpe sospettosa.
 Andò poi a dormire mettendo le pistole e ilkriss sotto il capezzale.

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