Nel cimitero (seconda parte)

 Kammamuri e i pirati col lorokriss , lo imitarono.
 – Era chiuso in una cassa o in un’amaca? – chiese Sandokan.
 – In un’amaca – rispose Kammamuri.
 – Scavate adagio; si potrebbe ferirlo.
 Scavando con prudenza e ritirando la terra con le mani, erano giunti a due piedi di profondità, quando la punta di unkriss incontrò una certa resistenza.
 – Ci siamo – disse un pirata ritirando prontamente il braccio.
 – Hai trovato il corpo? – chiese Sandokan.
 – Sì – rispose l’interrogato.
 – Leva la terra.
 Il pirata cacciò le braccia nella fossa e fece volare a destra e a sinistra la terra. Subito apparve l’amaca che avvolgeva Tremal-Naik.
 – Prova ad alzarla – disse Sandokan.
 Il pirata afferrò l’amaca e, riunendo tutte le sue forze, si mise a tirare. A poco a poco la terra si alzò, poi si divise e il tumulato apparve.
 – Padron mio – mormorò ilmaharatto con voce soffocata dalla gioia.
 – Deponetelo qui – disse Sandokan.
 Tremal-Naik fu collocato presso la fossa. L’amaca era perfettamente immobile e umida.
 – Vediamo – disse Sandokan.
 Impugnò ilkriss e delicatamente squarciò in tutta la lunghezza la grossa stoffa, mettendo allo scoperto Tremal-Naik.
 L’indiano aveva le apparenze di un morto. I suoi muscoli erano rigidi, la sua pelle lucente e di una tinta grigiastra, invece che bronzea, gli occhi rovesciati che lasciavan solamente vedere il bianco, le labbra aperte e macchiate d’una bava sanguigna. Chiunque l’avesse visto, avrebbe detto che quell’uomo era stato ucciso da un potente veleno.
 – Padron mio! – ripeté Kammamuri curvandosi su di lui. – È proprio vero, capitano, che non è morto?
 – Te lo garantisco – rispose Sandokan.
 Ilmaharatto appoggiò una mano sul petto di Tremal-Naik.
 – Il suo cuore non batte – disse con terrore.
 – Ma non è morto, ti ho detto.
 – Non si può farlo risuscitare ora?
 – È impossibile.
 – E domani a…
 Ilmaharatto non finì la domanda. Nella pianura era improvvisamente echeggiato un fischio acuto: il fischio d’allarme.
 Sandokan, che si era inginocchiato presso Tremal-Naik, balzò in piedi con l’agilità d’una tigre. Il suo sguardo percorse d’un colpo solo la prateria.
 – Un uomo s’avvicina – disse. – Un pericolo ci minaccia forse?
 Un pirata s’avvicinava al recinto con la rapidità di un cervo. Nella destra aveva una scimitarra sguainata che la luna faceva scintillare come se fosse d’argento.
 In brevi istanti, dopo aver varcato con un solo salto la palizzata, fu presso Sandokan.
 – Sei tu, Sambigliong? – chiese la Tigre della Malesia, aggrottando la fronte.
 – Sì, mio capitano – disse il pirata con voce rotta per la lunga corsa.
 – Che nuove mi rechi?
 – Stiamo per essere assaliti.
 – Chi?
 – Nopi –
 Sandokan fece un passo innanzi. S’era tutto d’un tratto trasfigurato. I suoi occhi mandavano baleni, le labbra, ritrattesi, mostravano i denti, bianchi come quelli di un carnivoro. La Tigre della Malesia stava per risvegliarsi.
 – Noi, assaliti!… – ripeté stringendo con frenesia la sua terribile scimitarra.
 – Sì, capitano. Una banda d’uomini armati è uscita dalla città e si dirige a rapidi passi verso questo luogo – disse Sambigliong.
 – Quanti uomini sono?
 – Una sessantina almeno.
 – E si dirigono qui?
 – Sì, capitano.
 – Che cos’è accaduto dunque?… E Yanez?… Che sia stato scoperto?… Guai a te, James Brooke, guai a te!…
 – Che cosa dobbiamo fare? – chiese Sambigliong.
 – Radunare i nostri uomini, prima di tutto.
 Accostò alle labbra un fischietto al cui suono tutti i pirati si raccolsero attorno a lui.
 – Siamo in cinquantasei – disse quindi, ma tutti coraggiosi; cento uomini non ci fanno paura.
 – Nemmeno duecento – disse Sambigliong agitando la scimitarra. –
 Quando la Tigre della Malesia darà il comando, piomberemo su Sarawak e la incendieremo.
 – Non domando, tanto, per ora – disse Sandokan. – Ascoltatemi.
 – Parlate, Tigre della Malesia.
 – Tu, Sambigliong, prenderai otto uomini e andrai a nasconderti dietro quegli alberi. Tu, Tanauduriam, ne prenderai altrettanti e ti nasconderai dietro quell’altro gruppo di piante, proprio di fronte a Sambigliong.
 – Bene – dissero i due capi.
 – Tu, Aïer-Duk, prenderai tre uomini e ti collocherai in mezzo al cimitero.
 – Va bene.
 – Ma fingerai di scavare una fossa.
 – Perché?
 – Per lasciare che le guardie si avvicinino senza timore. Io mi nasconderò cogli altri dietro al muricciuolo e, quando sarà giunto il momento propizio, darò il segnale dell’attacco.
 – Che sarà?… – chiese Sambigliong.
 – Un colpo di fucile. Dato il segnale, tutti voi scaricherete le carabine sul nemico, poi lo assalirete con le scimitarre.
 – Bel piano! – esclamò Tanauduriam. – Li prenderemo in mezzo.
 – A posto! – comandò la Tigre.

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