Tremal-Naik (seconda parte)

 Vi mise dentro due piccole pillole verdastre e fece una pallottolina che nascose in un taschino della sua giacca.
 – Domani gli inglesi lo crederanno morto e domani sera lo seppelliranno – mormorò, stropicciandosi allegramente le mani, e ad avvertire il mio caro fratello manderemo Kammamuri. Ah! mio caro James Brooke, non sai ancora di che cosa sono capaci i tigrotti di Mompracem.
 Si cacciò in testa un cappellaccio di paglia a forma di fungo, si passò nella cintura il fedelekriss e lasciò la stanza scendendo lentamente le scale.
 Passando per un corridoio, vide dinanzi ad una porta un indiano armato di carabina con baionetta in canna.
 – Che cosa fai lì? – chiese il portoghese.
 – Sono di guardia – rispose la sentinella.
 – A chi fai la guardia?
 – Al pirata arrestato stamane.
 – Bada che non ti sfugga, amico. È un uomo pericoloso.
 – Terrò gli occhi sempre aperti, milord.
 – Bravo ragazzo.
 Lo salutò con la mano, scese la scala ed uscì in strada con un sorriso ironico sulle labbra. Il suo sguardo subito si fissò sulla collina che gli stava di fronte, in cima alla quale, fra il verde cupo delle piante, spiccava la massa biancastra del fortino.
 – Animo, Yanez – mormorò. – C’è molto da fare.
 Attraversò con passo tranquillo la città, invasa da una fitta folla di superbidayachi , di orrendi malesi e di caudati cinesi che schiamazzavano su tutti i toni, vendendo frutta, armi, vesti e giocattoli di Canton, e prese un sentiero, ombreggiato da altissimi durion e da areche, che menava al fortino.
 A mezza costa s’imbatté in due marinai inglesi che scendevano alla città, forse per ricevere qualche ordine delrajah , o forse per informarsi se qualche nave aveva gettato l’ancora alla foce del fiume.
 – Olà, amici – disse Yanez salutandoli. – È lassù il comandante Churchill?
 – L’abbiam lasciato che fumava alla porta del fortino – rispose uno dei due.
 – Grazie, amici.
 Si rimise in cammino e dopo un lungo giro sboccò in un largo piazzale in mezzo al quale si levava il fortino. Sulla porta, appoggiato ad un fucile, stava un marinaio, occupato a masticare un pezzo di tabacco, e a pochi passi, sdraiato in mezzo alle erbe, fumava un luogotenente di marina, di statura alta, con lunghi baffi rossi. Yanez si arrestò.
 – Toh! un bianco! – esclamò il luogotenente scorgendolo.
 – E che cerca di voi – disse il portoghese.
 – Di me?
 – Sì!
 – E che cosa desiderate?
 – Ho una lettera per il luogotenente Churchill…
 – Sono io, signore, il luogotenente Churchill – disse l’ufficiale, alzandosi e muovendogli incontro.
 Yanez estrasse la lettera dalrajah e la porse all’inglese il quale l’aprì e la lesse attentamente.
 – Sono ai vostri ordini, milord – disse, quand’ebbe letto.
 – Mi farete vedere ilthug ?
 – Se lo vorrete.
 – Accompagnatemi da lui, adunque. Ho sempre desiderato vedere uno di quei terribili strangolatori.
 Il luogotenente si mise in tasca la pipa ed entrò nel fortino, seguito da Yanez. Attraversarono un piccolo cortile, in mezzo al quale arrugginivano quattro vecchi cannoni di ferro, ed entrarono nel fabbricato costruito con robustissimo legno diteck , capace di resistere ad una palla di sei e anche otto libbre.
 – Ci siamo, milord – disse Churchill, fermandosi dinanzi ad una solida porta sprangata. – Ilthug è qui dentro.
 – È tranquillo o feroce?
 – È mansueto come una tigre addomesticata – rispose l’inglese sorridendo.
 – Non occorre quindi entrare armati.
 – Non ha mai fatto male ad alcuno di noi, però non entrerei senza le mie pistole.
 Levò le due spranghe ed aprì con precauzione la porta, sporgendo la testa.
 – Ilthug sonnecchia – disse. – Entriamo, milord.
 Yanez provò un brivido, non già perché avesse paura dello strangolatore, ma per tema che questi lo tradisse. Infatti l’indiano poteva respingere il bigliettino e le pillole e svelare così ogni cosa al luogotenente Churchill.
 – Coraggio e sangue freddo – mormorò, – non è il momento di ritirarsi.
 Varcò la soglia ed entrò. Si trovò in una cella piuttosto piccola, con le pareti di legno diteck , rischiarata da un finestrino a solidissime inferriate.
 In un angolo, steso su di un letto di foglie secche e avvolto in un corto mantello di tela, stava ilthug Tremal-Naik, il padrone dell’indiano Kammamuri, il fidanzato dell’infelice Ada.

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