Yanez in trappola (seconda parte)

 Ilrajah si volse bruscamente e, come lui, si volse Yanez. Ebbero appena il tempo di vedere un individuo vestito di bianco, con una lunga barba grigiastra, il quale prontamente si trasse indietro.
 – Che cosa accade? – chiese ilrajah .
 Alcune persone si diressero verso la porta, ma ritornarono quasi subito.
 – Aspettatemi qui, milord – disse ilrajah .
 Yanez non rispose né si mosse. Quel grido, che forse non udiva per la prima volta, gli era sceso fino in fondo all’anima. Un leggero pallore coprì il suo viso e i suoi lineamenti, ordinariamente così calmi, per alcuni istanti si alterarono.
 – Quale grido! – mormorò finalmente. – Dove l’ho udito?… Scoppierebbe una catastrofe proprio ora che abbiamo tratto la nave in porto?
 Cacciò una mano nella tasca dei calzoni e silenziosamente armò la pistola, risoluto a servirsene se fosse stato necessario.
 In quel momento rientrò ilrajah . Yanez vide subito che una ruga gli solcava la fronte. Trasalì e divenne inquieto.
 – Ebbene, Altezza? – chiese facendo uno sforzo straordinario per sembrare calmo. – Che è successo?
 – Nulla, milord – rispose ilrajah con pacatezza.
 – Ma quel grido?… – insisté Yanez.
 – Lo emise un mio amico.
 – Per qual motivo?
 – Perché fu colto da un malore improvviso.
 – Eppure…
 – Volete dire?
 – Quel grido non era di dolore.
 – Vi siete ingannato, milord. Orsù, prendete qualche dayaca e, se è possibile, danzate una polka.
 Ilrajah passò oltre, mettendosi a discorrere con uno degli invitati. Yanez invece rimase lì, seguendolo con uno sguardo inquieto.
 – C’è sotto qualche cosa – mormorò. – Sta’ in guardia, Yanez.
 Finse di allontanarsi e andò invece a sedersi dietro a un gruppo di malesi. Di là vide ilrajah volgersi indietro e guardare all’intorno come se cercasse qualcuno. Yanez tornò a trasalire.
 – Cerca me – disse. – Ebbene, mio caro Brooke, ti giocherò un bel tiro prima che tu possa giocarlo a me.
 S’alzò affettando la massima calma, girò due o tre volte attorno alla sala, poi si fermò a due passi dalla porta. Lì c’era un servo delrajah . Gli fece cenno di avvicinarsi.
 – Chi ha gettato poco fa quel grido?- gli chiese.
 – Un amico delrajah – rispose l’indiano.
 – Il suo nome?
 – Lo ignoro, milord.
 – Dove si trova ora?
 – Nello studio delrajah .
 – È ammalato?
 – Non lo so.
 – Posso recarmi a visitarlo?
 – No, milord. Due sentinelle vegliano dinanzi alla porta dello studio con l’ordine di non lasciare passare nessuno.
 – E non conosci quell’uomo?
 – Di nome no.
 – È un inglese?
 – Sì.
 – Da quanto tempo è a Sarawak?
 – Arrivò subito dopo il combattimento avvenuto alla foce del fiume – disse poi.
 – Contro la Tigre della Malesia?
 – Sì.
 – È un nemico della Tigre?
 – Sì, perché lo cercò per i boschi.
 – Grazie, amico – disse Yanez mettendogli in mano una rupia. Uscì dalla sala e si diresse verso la sua stanza. Era pallido e pensieroso.
 Appena entrato, chiuse per bene la porta, staccò dalla parete un paio di pistole e unkriss dalla punta avvelenata, indi aprì la finestra curvandosi sul davanzale.
 Una doppia fila di indiani, armati di fucili, circondava l’abitazione.
 Più in là, un duecento o trecento persone danzavano disordinatamente emettendo grida selvagge.
 – La fuga per di qua è impossibile – disse Yanez. – Eppure bisogna che io lasci questo palazzo al più presto. Sento che un gran pericolo mi minaccia e che… – Si arrestò improvvisamente, colpito da un sospetto balenatogli alla mente. – Quel grido… mormorò, tornando ad impallidire. – Sì, deve averlo emesso lui… sì, lord Guillonk, il nostro nemico… Ora mi ricordo che Sambigliong disse di averlo veduto, alla testa di una banda didayachi , nella foresta dove si cela Sandokan… E lui, sì, è lui!…
 Si precipitò verso il tavolo e impugnò le pistole dicendo:
 – Yanez non ucciderà lo zio di Marianna Guillonk, ma difenderà la propria vita. Si avvicinò alla porta e tirò il catenaccio, ma non fu capace di aprirla. Vi appoggiò contro una spalla e fece forza, ma senza miglior esito. Una sorda esclamazione gli irruppe dalle labbra:
 – M’hanno chiuso dentro – disse. – Ormai sono perduto.
 Cercò un’altra uscita, ma non vi erano che le due finestre e sotto di esse stavano le guardie delrajah e più oltre la folla.
 – Maledetta sia questa festa! – esclamò con rabbia.
 In quell’istante udì battere alla porta. Alzò le pistole, gridando:
 – Chi è?
 – James Brooke – rispose ilrajah dal di fuori.
 – Solo o accompagnato?
 – Solo, milord, e senz’armi.
 – Entrate, Altezza – disse Yanez con accento ironico. Si mise le pistole alla cintura, incrociò le braccia sul petto e a testa alta, con lo sguardo calmo, attese la comparsa del formidabile avversario.

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