Capitolo XXII – La piccola spedizione

Per ventisei giorni le due navi si tennero sempre a brevissima distanza, non permettendo loro le brezze notturne che di ricambiarsi qualche colpo di cannone. Così erano giunti nelle acque di New York, regione dove infuriava allora la guerra anglo-americana per terra e per mare.

Tutte le supreme energie degli Americani si erano raccolte sotto il comando dell’infaticabile Washington. Avevano giurato di togliere all’odiato nemico anche quella città, come gli avevano tolto Boston, e perciò avevano concentrato lungo le varie riviere ben ventisette migliaia fra stanziali e volontari, con numerosa artiglieria, fornita per lo più da corsari Francesi e Olandesi. Anche gl’Inglesi avevano concentrati tutti i loro sforzi in New York, ove possedevano buone fortificazioni ed un gran numero di navi.

I due fratelli Howe, che avevano ricevuto ragguardevoli aiuti dall’Inghilterra, avevano occupato l’isola di Sandy-Hook, poi l’Isola Lunga, respingendo a poco a poco gli Americani, i quali non sapevano ancora resistere impavidi alle cariche alla baionetta, benché guerreggiassero da un anno e più.

Numerosi combattimenti avevano avuto luogo, guidati sempre da Washington e quasi sempre colla peggio dei liberali; tuttavia l’ultima parola non era stata ancor detta, e nemmeno gl’Inglesi si trovavano su un letto di piume, malgrado le loro vittorie che costavano molte vite e non rendevano nulla. Da gravissimo pericolo era minacciata l’Inghilterra, avendo il Congresso americano stretto alleanza colla Francia e colla Spagna, dalle quali aveva avuto promesse d’armi, di munizioni, di soldati, di navi.

Le cose erano a questo punto, quando una notte piuttosto nebbiosa, le due navi, che si seguivano sempre, s’accorsero di trovarsi nelle acque di New York. Il Marchese era novamente salvo con la bionda miss, ed ora più nulla aveva da temere, poiché gl’Inglesi avevano numerose navi in quei paraggi. Chi si trovava invece in grave pericolo era il Baronetto, il quale da un momento all’altro poteva vedersi piombare addosso un paio di navi d’alto bordo, esser preso ed appiccato insieme con tutti i suoi uomini, come corsari.

Colla morte nel cuore decise dunque di abbandonare ancora una volta la fidanzata e tentar di raggiungere il generale Washington, ché solamente coll’aiuto degli Americani si sentiva in grado di continuare la lunga ed aspra impresa.

Mentre il barco si allontanava verso Sandy-Hook, scomparendo ben presto fra le brume, il Caboto mise la prora verso ponente, e per un caso miracoloso riusciva a porsi in salvo nel fiume Rariton, le cui rive erano occupate dagli Americani. Erano le quattro del mattino.

«Ed ora?» chiese sir William a Howard e a Testa di Pietra, mentre Mac-Biorn riceveva i comandanti yankees, troppo felici di vedersi giungere quell’aiuto e dalla parte del mare. «Che cosa fare?»

«Abboccarvi con Washington, aspettare una battaglia e sbarazzarvi finalmente del Marchese. Alla miss penseremo noi più tardi.»

«Uhm!» fece Testa di Pietra. «Simili combinazioni sono rare, e poi il Marchese potrebbe starsene a Sandy-Hook per qualche tempo ora che i fratelli Howe sono i capi della guerra. Noi abbiamo a bordo un uomo, che potrebbe esserci di grande utilità perché può darci preziose informazioni in riguardo del Marchese.»

«Chi è?» chiese il Baronetto.

«Wolf, il fratello d’Hulbrik, che ha sempre goduto la fiducia del vostro fratello.»

«E quell’uomo andrebbe a Sandy-Hook?»

«Ne sono sicuro: ora egli odia gl’Inglesi non meno di noi.»

«E ti fideresti tu?»

«Vi siete dimenticato, comandante, dei vostri due fedeli Bretoni?»

«Che cosa vuoi dire?»

«Che io e Piccolo Flocco accompagneremmo gli Assiani, anche noi camuffati da lanzi. Gli Americani avranno certo delle uniformi da regalarci, dopo tanti combattimenti.»

«Adagio!» osservò il signor Howard. «Tu dimentichi che il marchese d’Halifax conosce te e Piccolo Flocco.»

«Camuffati da Assiani, passeremo inosservati attraverso le linee inglesi. Fatemi dare gli abiti e una barca, ed io rispondo di tutto.»

«Ma qual è il tuo piano?» chiese il Baronetto.

«D’informarmi se vostro fratello, ora che si trova al sicuro, sposerà, sia pure colla violenza, la bionda miss.»

A quelle parole il Baronetto divenne pallido come un morto e si mise una mano sul cuore. Per alcuni istanti fu incapace di pronunciare parola; poi con voce spezzata disse:

«Conto su di te, Testa di Pietra, e sui tuoi amici. Andrò a trovare il generale Washington, che è accampato sull’Isola Lunga, e vedrò di ottenere da lui i vestiti, una barca e forse di più. Tu rimarrai qui a guardia della nave. Fra due giorni al più tardi avrai mie nuove.»

«Fate presto, comandante: temo sempre una brutta sorpresa da parte del Marchese.»

Il Baronetto ed il signor Howard raggiunsero il capitano del Caboto, che aveva ricevuto a bordo i comandanti delle truppe schierate lungo il fiume. Tutti quegli uomini tennero un breve consiglio di guerra; e fu deciso di raggiungere il generale Washington, il quale peraltro si trovava in cattive condizioni, in quel momento.

Prima che l’alba spuntasse, gli Americani avevano fornito ai marinai centocinquanta cavalli, più o meno malandati per la fame e le lunghe fatiche; e quel drappello, che poteva diventar prezioso per il generale, sempre a corto d’uomini, partì per l’Isola Lunga sotto la condotta del Baronetto, di Mac-Biorn e del signor Howard.

Testa di Pietra era rimasto a bordo del brigantino coi suoi soli amici, perché anche i cinquanta Americani erano sbarcati per rafforzare le schiere del generale Putnam, il quale si trovava continuamente stretto da presso dagli Inglesi.

«Corpo di tutti i campanili della Bretagna!» esclamò il mastro quando vide l’ultimo uomo abbandonare la nave. «Credo fermamente sia questo per noi il momento delle grandi audacie e delle grandi iniziative. Credo, amici miei, che il nostro lavoro cominci ora.»

«Io sono pronto a seguirti sempre!» disse Piccolo Flocco.

«Anche noi, patre,» dichiararono i due Assiani.

«Per ora aspettiamo.»

Non erano trascorsi ancora i due giorni, che il signor Howard li raggiungeva guidando un piccolo legno a due alberi, capacissimo di tenere il mare, anche con piccolissimo equipaggio. Era accompagnato da alcuni barcaiuoli che dovevano subito tornar via con lui, poiché si annunciava imminente una delle solite battaglie.

«Sir William si rimette a voi,» disse ai Bretoni. «Guardate solamente di non farvi impiccare.»

«La canapa che dovrà servire a intrecciare la mia corda fatale non è stata ancora seminata,» rispose il mastro.

Visitò attento la barca, si assicurò che vi fossero dei costumi da Assiani, poi disse al secondo della Tuonante:

«Succeda quel che vuol succedere, noi partiamo, signor Howard. In sei o sette ore, tutt’al più, noi saremo a Sandy-Hook. Appena avremo notizie del Marchese e della miss, torneremo. Assicurate il Baronetto che se un colpo si potrà fare, noi siamo uomini da tentarlo. Voglio, se sarà possibile, rapire la bionda miss…»

«In mezzo all’accampamento inglese?» lo interruppe il signor Howard. «Sei pazzo!»

«Io e Piccolo Flocco siamo Bretoni, e i due Assiani non sono stupidi.»

«Ebbene, torna presto; ma non so se ci troverai vivi.»

«Perché, signor Howard?»

«Stamani gl’Inglesi daranno ai campi Americani un assalto formidabile. Tu puoi, se vuoi, assistere alla battaglia costeggiando l’Isola Lunga, dove appunto scorrerà il sangue.»

«Io spero di ritrovarvi tutti, signore.»

Il luogotenente della Tuonante gli diede una buona stretta di mano, gli raccomandò un’ultima volta di essere prudente, e scese in una scialuppa dove lo aspettavano i battellieri per condurlo al campo di Washington.

Testa di Pietra e Piccolo Flocco spiegarono le due vele, e la barca lasciò silenziosamente la riviera, dirigendosi alle spiagge dell’Isola Lunga. La notte era piuttosto nebbiosa, ma il vecchio Bretone conosceva a menadito quei luoghi ed era certo di raggiungere Sandy-Hook senza malanni.

«E le vesti?» chiese Piccolo Flocco.

«Il Corsaro ci ha mandato diversi costumi da Assiani e non avremo che da scegliere,» rispose Testa di Pietra. «A ciò penseremo più tardi, quando saremo in pieno mare. Per ora cerchiamo di fare più strada che possiamo, perché ho sentito dire che gl’Inglesi hanno lasciato Sandy-Hook per assalire l’Isola Lunga. Sarebbe una fortuna per noi: meno sono, meglio agiremo. Intanto apriamo bene gli occhi e guardiamo di non farci scorgere da qualche esploratore inglese.»

Accese la pipa e si mise al timone, mentre gli Assiani e Piccolo Flocco si occupavano delle vele.

La barca di fabbrica inglese (l’America cominciava appena allora ad avere qualche cantiere) teneva ottimamente il mare che una brezza piuttosto fresca agitava. Era un vero legnetto da corsa che i corsari avevano preso agl’Inglesi.

I quattro audaci si erano allontanati appena dodici miglia e si stringevano alla terra, temendo vi fossero al largo delle navi, quando i loro orecchi furono rintronati da un orribile cannoneggiamento. Proprio in quel momento sull’Isola Lunga si combatteva una delle più sanguinose battaglie che ricordi la storia dell’Indipendenza americana. I generali inglesi, risoluti d’impadronirsi soprattutto di New York tenuta ancora dagli Americani, erano piombati con grandi forze sull’Isola Lunga, attaccando risolutamente il nemico. Avevano truppe scelte, agguerrite, rotte ai disagi della guerra; avevano molte artiglierie, molte navi sul mare e barchi armati che erano disseminati dentro le riviere.

Washington, avuto sentore di quel grande urto, che per poco non comprometteva per sempre l’Indipendenza dell’America, aveva preso prontamente le sue misure per far fronte all’uragano. Così, sapendo di non potere coi suoi stanziali affrontare in campo aperto i Tedeschi e gl’Inglesi, aveva raccolte le sue truppe sull’Isola Lunga, formando un campo fortificato in un luogo chiamato le alture di Guana, difeso da vaste foreste, dove gli Americani sapevano quasi sempre cavarsela meglio che nei terreni scoperti. Una sola giogaia di montagne selvose divideva i combattenti.

La battaglia si era fatta furiosa fino da principio, poiché tanto gl’Inglesi quanto gli Americani non volevano perdere il frutto di tante fatiche. Dopo essersi cannoneggiati da lontano, i combattenti venivano finalmente a contatto, ed a Washington toccava quel giorno una disastrosissima sconfitta. Oppresso dai reggimenti assiani guidati dal generale Heister e dai fanti britanni guidati da Cornwallis, dopo sette ore di eroica difesa, aveva dovuto ritirarsi più che in fretta su nuove montagne, lasciando in mano al nemico tremila uomini, fra morti, feriti e prigionieri, e quattro pezzi d’artiglieria. Non era peraltro una sconfitta completa, come l’avevano sognata gl’Inglesi, poiché il valoroso condottiero americano aveva saputo tenere intorno a sé il grosso delle sue truppe.

Mentre in mezzo alle boscaglie dell’Isola Lunga si combatteva, la barca guidata da Testa di Pietra continuava la sua rapida corsa per guadagnare il più presto Sandy-Hook. I colpi di cannone giungevano distintamente agli orecchi dei naviganti che si trovavano ancora non molto lontani dalla battaglia.

«Può essere un bene per noi,» disse il mastro. «Se gl’Inglesi sono caduti qui, non torneranno tanto presto indietro: così avremo un pò le mani libere a Sandy-Hook.»

«Resisteranno gli Americani?» chiese il giovane gabbiere con molta apprensione.

«Hanno sempre terra dietro di loro, e Washington è famoso nel costruire i suoi alloggiamenti… Oh!…»

Una grossa ombra era improvvisamente comparsa a quindici o venti passi dal battello, uscendo dallo strato nebbioso, il quale cominciava a ritirarsi. Con un rapido colpo di barra il mastro spinse la barca verso alcuni bassifondi, dove nessun grosso legno avrebbe potuto seguirlo. E intanto la nebbia, laceratasi sotto un colpo di vento, si era novamente raccolta e divenuta più fitta di prima.

«Ferme le vele!» comandò il Bretone sottovoce. «Vediamo prima di sbarazzarci di questo spione.»

«In qual modo?» gli chiese Piccolo Flocco guardandolo con stupore. «Quel legno dev’essere molto grosso, e non avrai la pretesa che noi quattro si prenda all’abbordaggio.»

«Lascia fare a me.»

L’incrociatore (tale era infatti) invece di continuare la sua rotta, si era messo in panna deciso a catturare quella scialuppa misteriosa, la quale fuggiva durante una battaglia. Ma l’aveva da fare con dei lupi bretoni capaci di giocarne delle belle anche fra quei banchi, quelle scogliere e quella nebbia, la quale si rompeva da un lato e si saldava dall’altro continuamente. E non vi era da scherzare, poiché un colpo di cannone poteva giungere da un momento all’altro.

Testa di Pietra attese che la nebbia si alzasse un pò, quindi avendo veduto di là dai bassifondi delle linee di scogli, con una rapida bordata si allontanò dall’incrociatore; ma gl’Inglesi, che dovevano tener d’occhio la scialuppa, quantunque fra la nebbia, virarono pronti sul posto e una voce imperiosa gridò:

«Fermatevi, o facciamo fuoco!»

«Che nessuno parli!» disse pronto Testa di Pietra, il quale continuava a far avanzare la scialuppa tra luoghi difficili, anzi assolutamente inaccessibili ad una nave anche di portata media.

L’intimazione si ripeté più secca, più minacciosa di prima:

«Fermatevi!»

«Vattene all’inferno!» brontolò il mastro.

Dopo un minuto appena, un colpo di cannone rimbombò, ed una palla passò a dieci o dodici metri dalla scialuppa.

«Ehi, Testa di Pietra, vuoi farci trucidare prima di giungere a Sandy-Hook?» chiese il giovane gabbiere.

«Ma che! Sparano a casaccio.»

La nebbia si era novamente addensata, tuttavia la grande ombra del veliero appariva di quando in quando agli sguardi dei fuggiaschi. Esso andava, tornava, tentava di accostarsi ai banchi, in mezzo ai quali si era rifugiata la scialuppa, ma il forte fragore della risacca lo teneva in guardia; invece Testa di Pietra continuava a maneggiare il suo battello dietro una linea di scogli, capaci di spaccare anche una nave d’alto bordo; e poiché i due Assiani e Piccolo Flocco eseguivano, con meravigliosa puntualità, i suoi ordini, così le vele erano sempre al vento.

Un altro colpo di cannone rimbombò accompagnato da grida minacciose, ma i fuggiaschi non udirono il fischio del proiettile questa volta.

«Ci hanno perduti!» disse il mastro.

«Scappiamo?» disse Piccolo Flocco.

«Aspetta un momento: in queste faccende così pericolose non si deve avere mai fretta. Tienilo bene a mente, mio Piccolo Flocco. Se fossimo sulle coste della Bretagna, gli farei fare io un bel salto mortale a questo signor curioso; tuttavia non dispero di fare il mio giuoco. Ed ora, amici, attenti ai miei comandi e pronti alle vele.»

Il battello si era ricacciato fra i bassifondi e le scogliere, dove la nebbia era più abbondante, e continuava a correre piccole bordate sfuggendo l’ombra del nemico. Questi peraltro, quantunque non dovesse averlo scorto che di passaggio, si ostinava nella cattura, quasi si trattasse di arrestare dei grandi personaggi dell’esercito di Washington. Dopo le due prime cannonate si era portato al largo a cercare forse un passaggio attraverso i bassifondi per piombare improvvisamente sulla scialuppa, ed era scomparso.

Testa di Pietra cominciava ad inquietarsi, temendo sempre una brutta sorpresa. Attese che un colpo di vento disperdesse un pò la nebbia, poi diresse la scialuppa verso una grossa scogliera, dietro la quale il mare appariva libero.

«Aspettiamo qui,» disse.

«Che vengano a cercarci?» chiese Piccolo Flocco.

«Che ci perdano di vista?»

«Uhm!»

«Chi vivrà vedrà.»

Avevano affondato un ancorotto per poter resistere alla risacca che sboccava furiosa verso il sud fra due file di scoglietti, e si erano messi in ascolto. Udivano le grida degli uccelli marini, ma non più quelle degl’Inglesi.

Così le inquietudini del vecchio mastro aumentavano, anche perché vedeva il tempo fuggire, inesorabilmente mentre sapeva che era troppo prezioso.

Dov’era andata dunque ad imboscarsi la nave? Che si fosse allontanata dopo quei due colpi di cannone senza risultato, non vi era da pensarvi.

Testa di Pietra stava per prendere una risoluzione, quando in mezzo alla nebbia, verso la scogliera udì gridare:

«Stop!… Sette piedi.»

«Sono qui!» esclamò il mastro. «Vediamo di giocare bene la nostra ultima carta. Fate silenzio e non vi movete finché non ve lo dirò io.»

L’incrociatore, che doveva trovarsi di là dallo scoglio, non si scorgeva, ma si udivano le voci del suo equipaggio ed il grido dello scandagliatore, il quale continuava a misurare.

«Ferme le vele!» disse Testa di Pietra ai suoi amici. «Scatteremo al momento propizio.»

«Devo levare il ferro?» chiese Piccolo Flocco.

Non ancora. Se non farai a tempo, taglia la corda.»

Lo scandagliatore intanto continuava a gridare:

«Stop!… Cinque piedi… Stop!… Quattro piedi… Fondo… Canale con sette piedi navigabile.»

Testa di Pietra provò un brivido.

«Ora ci piombano addosso!» disse. «Fortunatamente non ci hanno ancora scorti.»

Guardò i compagni, che stringevano le scotte delle vele, poi disse a Piccolo Flocco:

«Taglia l’ancorotto! Bada alle vele!»

La scialuppa, trasportata dalla risacca, fece un gran balzo in mezzo a quel canale che la nebbia si ostinava a coprire, virò di bordo a sessanta passi dallo scoglio, e passò colla velocità di una saetta, perché spinta da un vento piuttosto forte. Un momento dopo la nave inglese compariva. Era un grosso e vecchio brick destinato a fare il servizio delle costiere, di qualche migliaio di tonnellate di portata, e con batterie.

Testa di Pietra gli passò quasi dinanzi alla prua, poi filò nel canale, correndo bordate per non farsi cannoneggiare troppo facilmente. Il brick sparò due colpi che andarono pure a vuoto, poi, essendosi slanciato all’inseguimento, ad un certo momento si arrestò, con orrendo rimbombo, contro un altro scoglio che il mastro invece aveva saputo evitare a tempo. Si udirono urli, comandi, bestemmie, ma per poco, poiché la scialuppa correva, spinta dalle sue due vele gonfie da scoppiare.

«Hai veduto?» disse Testa di Pietra, alzandosi e cercando di scorgere qualche cosa attraverso la nebbia. «Ecco il giuoco che intendevo appunto di far io, mio caro Piccolo Flocco, per sbarazzarci di quel gendarme.»

«Che si sia spaccata la nave?» chiese il giovane gabbiere, che aveva ancora gli orecchi tutti rintronati da quel gran fracassamento di legnami.

«Si è piantata nello scoglio e così bene, che la sua prora si è aperta subito.»

«Patre, che si anneghino?» chiese Hulbrik.

«Lasciali andare in bocca ai pesci, giacché non sono nostri parenti. Se vogliono salvarsi, si arrampichino sullo scoglio.»

Sette od otto cannonate rintronarono, una dietro l’altra. La nave chiamava aiuto. Il vecchio Bretone si cacciò in bocca la pipa spenta, si rovesciò sulla barra del timone e lanciò la scialuppa attraverso il canale, gridando allegramente:

«Quei di Batz sono sempre stati grandi marinai!»

La nebbia, lacerata dal vento, cominciava ad alzarsi ondulando capricciosamente. Qua e là apparivano bruscamente dei banchi di sabbia e delle file di scogliere, tutte coperte di uccelli marini, che il mastro riusciva ad evitare a gran pena. Dopo parecchie ore di rapida corsa la scialuppa si trovò in un ampio canale, formato dalla costa dell’Isola Lunga e da una serie d’isolotti.

«So dove mi trovo,» disse il mastro. «Ora occupiamoci del nostro abbigliamento. Ho indossato altra volta la divisa di assiano a Boston e confesso che mi stava magnificamente bene.»

Essendo il mare abbastanza tranquillo, lasciarono cadere le vele, affondarono un altro ferro, l’ultimo che possedevano, e portarono in coperta i vestiti regalati dal generale Washington, tolti a prigionieri Tedeschi. Ve n’erano dodici, tutti in ottimo stato, con calzature, kolbak, stivali e armi d’origine inglese.

Testa di Pietra s’insaccò nella montura d’un sergente che doveva aver avuto la sua corporatura; Piccolo Flocco indossò il costume d’un tamburino oremburghese, con gran sfoggio di cordoni e di alamari, come usavano allora i Tedeschi; i due Assiani si contentarono di cambiare i loro vestiti, che erano proprio in uno stato miserando; poi caricarono i sei fucili che si trovavano a bordo della scialuppa, spiegarono novamente le vele e tolsero il ferro, riprendendo subito la corsa.

«Questa sera saremo a Sandy-Hook,» disse il mastro, rimettendosi al timone. «Che noi non si possa farla agl’Inglesi? Mi vergognerei.»

La scialuppa si teneva sempre fra i canali, accessibili solamente a piccolissimi velieri, e sempre in mezzo ai pericoli, poiché scogli e bassifondi spuntavano ad ogni miglio. Ma Testa di Pietra se ne rideva degli ostacoli, e maneggiava il suo battello come se l’avesse sempre montato.

Verso mezzodì, mentre stavano tagliando un altro largo canale, un piccolo schooner, montato da una mezza dozzina di doganieri, tentò di dar loro la caccia; ma quattro colpi di carabina, sparati da Hulbrik e da Wolf, persuasero gl’inseguitori ad abbandonare subito la partita. Poi, spinti da un vento sempre favorevolissimo, continuarono la corsa, ed alle nove di sera, nel momento che calava la nebbia, giungevano inosservati a Sandy-Hook.

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