I naufraghi

Passato il primo istante di stupore e, diciamolo pure, di terrore, il negro e Carmaux si erano messi in cerca d’un rottame onde non venire travolti dalle onde che li assalivano da tutte le parti, ora spingendoli in alto ed ora precipitandoli pazzamente nei baratri.

 Attorno a loro danzavano disordinatamente tronconi d’albero, pennoni a cui erano ancora appese vele, pezzi di fasciame, di murate, di ponti, casse, barili e cordami appesi a bancacce, a grue, a traverse, a bastingaggi. Non vi era che da scegliere.

 Vedendo passare a breve distanza un pezzo di cassero capace di accogliere non quattro ma anche venti persone, il negro e Carmaux lo abbordarono, issandovisi sopra. Il Corsaro e Wan Stiller si dibattevano a breve distanza, nuotando faticosamente fra le onde incalzanti.

 «Prendete questa fune!» gridò Carmaux, gettando loro un pezzo di paterazzo che era ancora attaccato al rottame. «Tenete saldo!»

 La corda, lanciata destramente, cadde fra i due nuotatori. Afferrarla strettamente e raggiungere la zattera fu l’affare di pochi istanti pel Corsaro e pel suo compagno.

 «Qui, signore,» disse Carmaux, aiutando il cavaliere. «Su questo rottame noi potremo forse resistere fino al termine dell’uragano.»

 Il Corsaro, appena in salvo, aveva subito guardato verso l’est. Pareva tranquillo, però i suoi occhi tradivano una viva ansietà che non riusciva a nascondere.

 «Cercate la Folgore, è vero capitano?» chiese Carmaux che gli si era coricato a fianco, tenendosi stretto al paterazzo.

 «Sì,» rispose il signor di Ventimiglia, con un sospiro. «Cosa sarà accaduto della mia nave?»

 «L’ho veduta sparire in direzione dell’Atlantico.»

 «Era senz’alberi, è vero?»

 «Sì, capitano. L’esplosione deve aver sradicato anche l’albero maestro.»

 «Allora è perduta,» disse il signor di Ventimiglia, con voce sorda.

 «Il fuoco era anche scoppiato a bordo.»

 «Allora la si dovrebbe vedere.»

 «Io credo, signore, che qualche isola o qualche scogliera ce la nasconda.»

 «Non so cosa darei perchè si salvasse. Avete veduto Morgan nel momento in cui la fregata stava per saltare?»

 «Era stato respinto a bordo della Folgore, » disse Wan Stiller.

 «Sei certo di ciò?»

 «Sì, capitano. L’ho veduto io sul castello di prora, mentre rincuorava i suoi uomini a ritentare l’assalto.»

 «Se egli è sfuggito allo scoppio, forse la Folgore potrà ancora salvarsi,» disse il Corsaro.

 «Se potesse almeno tornare qui e raccoglierci!» disse Carmaux. «Egli deve averci veduti saltare in mare.»

 «Non contiamo su di lui in questo momento,» rispose il signor di Ventimiglia.

 Appoggiato a Moko, s’era rizzato sulle ginocchia e scrutava attentamente l’orizzonte, spingendo gli sguardi sul tenebroso Atlantico.

 Cercava fra quelle onde il corpo del duca o tentava di scoprire la sua Folgore? Probabilmente l’uno e l’altra.

 Anche Carmaux e Wan Stiller, che si tenevano disperatamente aggrappati alla gomena legata fra le due estremità del rottame, interrogavano ansiosamente l’orizzonte. Alla vivida luce dei lampi essi vedevano le isole e le scogliere, ma la Folgore pareva che fosse scomparsa fra quelle onde mostruose che avevano già inghiottita la gigantesca nave spagnuola e tutti quelli che la montavano.

 «Non si scorge nulla,» disse ad un tratto Carmaux, con un sospiro. «Devono essere morti tutti.»

 «Il duca ha venduta cara la sua vita,» disse l’amburghese. «Quell’uomo doveva essere fatale ai filibustieri.»

 «Ma egli dorme finalmente in queste acque, dove pure si trovano le sue vittime e ti dico io che non tornerà più a galla. I fratelli del capitano hanno avuto la loro vendetta.»

 «Che uomo terribile però, Carmaux! Mi pare di vederlo ancora, ritto sull’alto cassero, cogli occhi sfolgoranti d’odio, i suoi lunghi capelli bianchi sciolti al vento, colla fiaccola in mano!»

 «Un momento che non scorderò mai in tutta la mia vita, amburghese.»

 «E quell’orribile rimbombo!… L’ho ancora nel cervello!»

 In quel momento si udì il Corsaro a gridare:

 «Là!… Là!… Guardate!…La Folgore !»

 Carmaux e Wan Stiller erano balzati in piedi come spinti da una molla.

 Sul tenebroso orizzonte, ma ad una grande distanza, si scorgeva distintamente una fiamma gigantesca che ardeva al di sopra d’una nave. Ora pareva che toccasse le tempestose nubi ed ora che scendesse in fondo agli abissi del mare. Appariva, scompariva, poi tornava a mostrarsi più viva, più scintillante di prima lanciando in aria nembi di scintille e nuvoloni di fumo a riflessi sanguigni.

 Il Corsaro la seguiva attentamente cogli sguardi, coi lineamenti alterati da una emozione profonda, tendendo le braccia verso di essa come se avesse voluto afferrarla.

 «La mia nave!… La mia Folgore! » mormorava con voce rotta da un singhiozzo. «Essa si perde… Morgan, salvala!»

 La filibustiera s’allontanava sempre con vertiginosa rapidità lasciandosi indietro una lunga colonna di scintille. Il vento e le onde la trascinavano nell’Atlantico per inghiottirla forse più tardi.

 Per alcuni minuti ancora i filibustieri poterono scorgerla, poi nave e fiamme scomparvero bruscamente dietro le isole che si estendevano in quella direzione.

 «Tuoni d’Amburgo!» esclamò Wan Stiller, asciugandosi alcune gocce di freddo sudore che gl’imperlavano la fronte. «È finita!…»

 «Chi sa che non riesca ancora a salvarsi,» disse Carmaux.

 «Andrà a rompersi fra le isole o verrà inghiottita dall’Atlantico.»

 «Non disperiamo ancora, amburghese. I nostri uomini non sono di quelli che si perdono d’animo e non si lasceranno assorbire dalle onde senza lotta.»

 «Taci!…»

 «Cosa odi?»

 In lontananza eransi udite alcune detonazioni. Era la Folgore che chiamava soccorso od erano scoppiati dei barili di polvere?

 «Signore,» disse Carmaux. «Cosa succede a bordo della nostra nave?»

 Il Corsaro non rispose. Erasi coricato sul rottame, colla testa stretta fra le mani, come se avesse voluto nascondere l’emozione che gli alterava il viso.

 «Egli piange la sua nave,» disse Carmaux a Wan Stiller.

 «Sì,» rispose l’amburghese.

 «Quale disastro!… Non poteva esser più completo!…»

 «Lasciamo i morti e pensiamo a noi, Carmaux. Corriamo un grave pericolo.»

 «Lo so, amburghese.»

 «Se non usciamo da queste scogliere, le onde sfracelleranno il rottame e noi insieme.»

 «Non possiamo tentare nulla?»

 «Hai veduta la costa?»

 «Sì, poco fa, alla luce d’un lampo.»

 «Non deve essere molto lontana, è vero Carmaux?»

 «Cinque o sei miglia.»

 «Riusciremo ad approdare?»

 «Vedo che le isole dei Pini sono già scomparse. Ciò vuol dire che le onde ed il vento ci spingono verso terra.»

 Il rottame intanto trabalzava disordinatamente fra le onde che lo assalivano da tutte le parti. S’alzava ora da una parte ed ora dall’altra, imprimendo ai disgraziati naufraghi delle scosse così brusche, da sbatterli l’uno contro l’altro o s’abbassava improvvisamente negli avvallamenti dei marosi, per poi rimontare e librarsi sulle creste spumeggianti.

 Alcuni momenti un’onda si sfasciava sulla coperta col fragore del tuono, subissando i filibustieri e minacciando di strapparli dalla corda e di sfracellarli.

 Fortunatamente erano usciti dal labirinto d’isole, sicchè non correvano, almeno pel momento, il pericolo di venire scagliati contro qualche punta rocciosa e uccisi di colpo: però anche in quel vasto canale, formato dalle coste meridionali della Florida e le isole dei Pini, da Sombrero, Alligatore ed altre, il mare si manteneva tempestosissimo. Ai primi albori Carmaux e Wan Stiller avevano già nuovamente veduta quella terra che per loro rappresentava, almeno momentaneamente, la salvezza: non era molto lontana ed essendo bassa, pareva non presentare pericoli, anche investendovi contro.

 Il sole cominciava a mostrarsi attraverso gli squarci delle nubi. Di quando in quando qualche raggio guizzava rapidamente fra uno squarcio dei vapori, illuminando quelle montagne d’acqua rotolanti sul fondo sabbioso dei banchi.

 «Signore,» disse ad un tratto Carmaux, trascinandosi verso il Corsaro, il quale stava sdraiato a fianco del gigantesco negro. «Siamo presso la costa.»

 Il signor di Ventimiglia si era alzato, guardando la costa che si delineava a meno di ottocento metri, spiegandosi dall’est all’ovest.

 «Non vi è nulla da fare,» disse. «Lasciamo che le onde ci spingano.»

 «Sarà tremendo l’urto?»

 «La spiaggia è bassa, Carmaux. Tenetevi pronti a gettarvi in acqua appena il rottame toccherà i banchi.»

 «Sarà la terra ferma quella o qualche grande isola?» chiese Wan Stiller.

 «È la Florida,» rispose il Corsaro. «Le isole le abbiamo già lasciate al sud.»

 «Allora avremo da fare coi selvaggi. Mi hanno detto che ve ne sono molti e ferocissimi su quella terra,» disse Carmaux.

 «Procureremo di evitarli.»

 «Ecco i primi banchi,» disse Moko, il quale essendo il più alto di tutti, poteva vederli meglio degli altri.

 «Non abbandonate la gomena se prima non vi do il comando,» disse il Corsaro. «Quando toccheremo lasciatevi trasportare dalle onde.»

 «Tuoni d’Amburgo!» esclamò Wan Stiller, il quale si sentiva accapponare la pelle nel vedere quei marosi rompersi con furore contro la spiaggia. «Mi par già di sentirmi fracassare fra le scogliere!»

 «Attenti!» gridò il Corsaro. «Tenetevi stretti!»

 Un’onda aveva preso il rottame e l’aveva sollevato, spingendolo bruscamente innanzi. La zattera s’inclinò spaventosamente fino quasi a rovesciarsi, scrollando poderosamente i disgraziati naufraghi, poi scese in un avvallamento con rapidità prodigiosa, rollando e beccheggiando disperatamente.

 Si udì uno schianto, poi avvenne un urto così violento che i quattro filibustieri si sentirono balzare in alto. Un pezzo di rottame si era staccato, ma il restante non si era sfasciato. Anzi, preso da una seconda e più enorme ondata, fu slanciato nuovamente innanzi.

 «Pronti a lasciar la gomena!» gridò il Corsaro.

 «Ci siamo già?» chiese Carmaux, che si sentiva affogare dalla spuma.

 «Via tutti!»

 L’onda che passava li portò via, mentre la zattera si sfasciava con fracasso su un bassofondo o su una scogliera che fosse.

 I quattro filibustieri furono travolti fra la spuma, rotolati fra le sabbie del lido, pestati, sbattuti, poi con un’ultima spinta lanciati sulla spiaggia.

 «Fuggite!» gridò il Corsaro, vedendo un’altra onda correre addosso alla riva.

 Carmaux ed i suoi compagni, quantunque zoppicando, salirono di corsa il pendìo e andarono a cadere dinanzi ad alcuni alberi, fuori di portata dai colpi di mare.

 «Per centomila vascelli!» esclamò Carmaux, con voce rotta. «Tutto ciò si chiama aver fortuna!… Vedremo in seguito se la buona stella continuerà a proteggerci.»

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