Capitolo XXIII – La missione del Portoghese

La missione del Portoghese era senza dubbio una delle più arrischiate che avesse sognato in vita sua e delle più strane. Avrebbe bastato una parola sfuggita a caso, un sospetto, una mancanza, una risposta fuor di senso e forse un motto per tradirlo, quantunque avesse dovuto sembrare assai strano il trovare un pirata in un bianco.

Egli non ignorava che la carta che stava giuocando per conto di Sandokan era pericolosa, ma si preparava a sostenere la sua parte di soldato inglese colla spigliatezza e sagacia di Lusitano, che aveva raddoppiata la malizia e il coraggio nella sua vita d’avventuriere.

Si rizzò fieramente in sella raccogliendo le briglie, stringendo le ginocchia, e fantasticando entro di sé sul miglior modo di fare la sua comparsa dinanzi al lord senza compromettere la situazione, spinse risolutamente il cavallo verso la villa.

In pochi minuti superò i seicento metri che lo dividevano e si arrestò dinanzi al cancello del parco.

— Chi va là? — domandò un soldato posto in sentinella dietro ai cespugli togliendolo freddamente di mira.

— Ehi! giovanotto, abbassa il tuo fucile che non sono già un babirussa da cacciarmi una palla nelle reni. Ordine di William Rosenthal!

Il nome fece più effetto dello scherzo. Il soldato, che aveva le sue ragioni per diffidare, abbassò l’arma e aprì il cancello.

— Si prendono adunque tante precauzioni in questo luogo? — domandò Yanez sorridendo. — My-God! quasi crederei che all’intorno formicolano dei nemici, e che lord Guillonk tenga dei tesori nelle sue cantine anziché botti di Xeres o di Porter.

— Non venite da Vittoria? — domandò la sentinella che manifestava qualche sorpresa alle parole del Portoghese.

— Certamente, e vi sorprende ciò? Si vede che i soldati in campagna perdono la bussola sulle notizie.

— Voi lo credete; ignorate adunque, che i pirati ronzano attorno al parco e che la Tigre in persona tentò arditamente di penetrare nell’abitazione per rapirvi la milady!… Mi sembra impossibile che non abbiate incontrato qualcuno di quei furfanti.

— Voi andate spifferando robe vecchie da provincia, amico mio — disse Yanez che si preparava a raggiungere la villa. — I pirati non solo hanno preso il largo, ma si battono colle nostre truppe al sud, capitanati dalla Tigre, un pezzo d’uomo, giovanotto mio, che fa venir i brividi al solo vederlo, ma che la sua testa vale un migliaio d fiammanti sterline. Orsù, preparate il vostro bagaglio per andarvene alla guerra; io conto fra poco di essere della partita.

— Dite davvero, camerata?

— Altro che, ed ecco qua la lettera che il baronetto William Rosenthal spedisce a lord Guillonk perché vi mandi al campo anziché lasciarvi a poltrire in questo parco — e il Portoghese, girato sui talloni, si diresse alla palazzina.

Fu allora che egli vide i soldati accampati in bell’ordine nel parco, colle tende rizzate, i fucili in fasci e i fuochi accesi pel rancio e numerose sentinelle messe a guardia delle palizzate.

— Uhm! — fe’ egli contando il piccolo esercito. — Quante precauzioni per una lady, che ama un pirata e che non è amata da suo zio. Vi sono più di cinquanta uomini fra Malesi, Indiani ed Europei; un osso duro da rodere. Speriamo che fra poco vadano a passeggiare nelle foreste del sud.

Arrestò il cavallo dinanzi alla porta di fronte a una seconda sentinella che lo esaminava scrupolosamente dalla testa ai piedi e smontò nel momento che uno staffiere prendeva per le briglie il cavallo.

— Lord James Guillonk? — domandò brevemente Yanez mostrando la lettera.

— Salite e troverete l’aiutante del lord — rispose la sentinella, tirandosi da un lato.

Il Portoghese, raccogliendo tutta la sua audacia per giuocare la terribile carta, affettando la massima calma e rigidezza di un vero anglo-sassone, messa la sciabola sotto il braccio salì le scale ed entrò in un salotto.

L’aiutante di campo del lord, un luogotenente dalla faccia ardita e le mosse meccaniche, gli venne incontro.

— Comandante — disse il Portoghese salutando militarmente, e misurando scrupolosamente le parole colla flemma britannica. — Una lettera per lord Guillonk da parte del baronetto William Rosenthal. Credo che farete bene a consegnargliela subito.

— Avete da parlare personalmente al lord? — chiese l’ufficiale, prendendo la lettera e leggendo con attenzione l’indirizzo.

— Non al lord, ma a lady Marianna Guillonk — rispose audacemente Yanez.

Il luogotenente lo guardò sorpreso però non fece osservazione alcuna.

— Aspettatemi qui — s’accontentò di dire.

Il Portoghese rimasto solo si mise a guardare scrupolosamente la sala, le fenestre, misurando l’altezza e la scala.

— Per satanasso! — mormorò egli stropicciandosi come era di consueto le mani. — Entrare per queste fenestre non sarà affar serio una volta ammazzate le sentinelle. Sandokan mio, credo che noi rapiremo la bella senza bisogno di buttar giù tutte le porte.

Era a tal punto delle sue riflessioni quando il luogotenente rientrò.

— Milord vi aspetta per avere migliori informazioni su questi avvenimenti assai laconicamente descritti nella lettera.

Il Portoghese sentì un brivido corrergli per le ossa. Il momento terribile si avvicinava dove occorreva la maggior audacia e sangue freddo per ingannare i due gentlemen senza dare alcun sospetto e per non imbrogliarsi o lasciarsi sfuggire qualche parola portoghese.

— Yanez mio — mormorò il Portoghese mentre attraversava la sala flemmaticamente. — Abbi prudenza e sangue freddo per sostenere la baracca.

Entrò col luogotenente in un salotto arredato con somma eleganza, e seduto su di una gran seggiola a spalliera vide il lord vestito semplicemente di bianco, colla lettera spiegazzata fra le mani, col volto pensieroso, ma collo sguardo acceso. Gli si avvicinò salutandolo, e aspettò di venire interrogato.

— Voi avete detto di venire da Vittoria, non è vero? — domandò il lord con voce grave nel quale accento trapelava la stizza.

— Sì, milord — rispose Yanez spigliatamente.

— Siete forse agli ordini del baronetto di Rosenthal nella qualità di sua ordinanza? Potete parlarmi di lui e di Vittoria.

— Oserò dire a V.O. che godo la sua confidenza, nella qualità di suo lontano parente.

— Ah! — fe’ il lord senza muoversi d’una linea. — Non sapevo ciò; in tal caso voi non ignorerete ciò che è scritto sulla lettera.

— No, milord, posso recitarvela parola per parola. Era una precauzione, nel caso che i pirati me la rubassero o che la perdessi.

— I pirati! — esclamò il lord la cui fronte si aggrottò. — Parlatemi dei pirati; dove sono essi?

— La lettera lo dice, sono al sud impegnati in un sanguinoso combattimento colle nostre truppe. Si aveva saputo che la Tigre aveva abbandonato Mompracem con tre o quattro prahos e il fiore delle sue genti e che avea approdato sulle nostre coste durante la tempesta. Uno dei nostri piroscafi li scorse, li bombardò per qualche tratto, ma il vento e le onde lo costrinsero a ritirarsi con qualche danno nell’attrezzatura e nella macchina. Non si ignora ciò che intraprese l’audace pirata sulla villa allo scopo di rapire milady vostra nepote, né la caccia che gli si diede nelle foreste.

— La caccia! — esclamò il lord irritato. — Andate a cacciar voi quel miserabile che si nasconde persino in una stufa!

— Lo si sa, milord, che quella Tigre è piena di risorse, ma credo che questa volta non ritornerà mai più alla sua isola.

«Una cannoniera, che navigava al largo da queste coste, scorse un prahos sul quale erasi imbarcato il pirata sbucar da un fiumicello e veleggiare verso il sud. La caccia fallì anche per la cannoniera, ma notò il posto ove i pirati sbarcarono e dove si imboscarono con altri compagni sopraggiunti di lì a poco.

— E sono andati ad assaltarli? — chiese il lupo di mare che fece un salto sulla seggiola col volto diventato raggiante.

— Sì, milord. Tutte le truppe disponibili imbarcate sui piroscafi e sulle cannoniere filarono al sud e sbarcarono a notte oscura, prendendo posto dinanzi e ai fianchi del nemico in maniera di tagliare la ritirata. Il combattimento si cominciò da parte di una mano di pirati guidati dalla Tigre in persona, mentre che i piroscafi sfasciavano i prahos.

— Siete sicuro che era la Tigre che li comandava? — domandò l’Inglese che stentava a crederlo.

— Sì, gli ufficiali l’hanno conosciuto dal turbante a piume rosse, dalla scimitarra e dal kriss la cui impugnatura è piena di grossi diamanti. La lotta fu sanguinosa e lunga ma i nostri hanno vinto e ora si preparano a un attacco generale appena saranno giunti i rinforzi e farla finita per sempre con questa razza di pirati, che minacciano audacemente Labuan.

Il lord tornò a diventare cupo. Stette alcuni istanti in silenzio cogli occhi fissi a terra, poi rialzando la testa e guardando Yanez:

— La lettera non dice quanti soldati dovrò spedire. Io credo che dieci uomini più o dieci uomini meno non sieno gran cosa.

Il Portoghese aggrottò lievemente la fronte e si morse le labbra, ma non si smarrì.

— Io credo che farete bene a mandare al sud tutti i vostri soldati — diss’egli. — Si tratta di schiacciare completamente i pirati.

— Voi parlate, ma senza conoscere chi sia la Tigre della Malesia. Voi dite che è là, circondato dai nostri soldati e in procinto di venire sconfitto e preso, ma io ho paura di quell’uomo. Egli sarebbe capace di prendere il volo e di recarsi qui con un pugno dei suoi tigrotti. Non dimenticate che egli ha giurato di rapire mia nepote.

— Se credete che la Tigre sia capace di fare questo, prendete le vostre precauzioni senza che sieno né poche né troppe. Tuttavia credo che abbiate a ingannarvi sulla sua fuga: difficilmente si passa attraverso a delle truppe quando queste hanno giurato di vedere il sangue della Tigre.

— Chi sa? Luogotenente, sceglietemi dieci dei più gagliardi e dei più risoluti uomini della vostra compagnia, e fate agli altri piegare le tende. I primi rimarranno con me, e i secondi partiranno pel sud. Voi li condurrete il più presto che sia possibile sul luogo del combattimento.

— Bene milord, e poi?

— E poi, una volta battuta la Tigre tornate a Vittoria. Potrebbe darsi che io mi vi recassi fra qualche giorno.

Il luogotenente salutò e uscì colla medesima calma e come andasse a fare una semplice passeggiata.

Il lord s’alzò e si mise alla fenestra a guardare i soldati che levavano in fretta e in furia il campo, piegando le tende, caricandosi degli zaini e sciogliendo i fasci di fucili. Egli rimase lì in osservazione alcuni minuti e poi rientrò fermandosi dinanzi al Portoghese impassibile.

— Voi mi avete detto di essere il confidente di William, non è vero? Ditemi, che fa egli a Vittoria?

— Quando partii stava raccogliendo dei soldati per correre in aiuto dei combattenti — rispose Yanez.

— Bene, è un giovanotto che farà carriera. A proposito, non vi ha incaricato di consegnare qualche lettera a mia nepote?

— No, milord, mi ha incaricato solo di portare i suoi saluti a lady Marianna e…

— Ebbene…

— Si capisce.

— Qualche complimento, lo indovino.

Il lord chiamò un indigeno che s’affrettò a comparire.

— Dove trovasi Marianna? — gli chiese.

— Nel salotto azzurro, milord — rispose il negro.

— Accompagnate questo giovanotto e annunciatelo per un parente del baronetto William. Andate, amico mio, portate i saluti del vostro comandante, intanto che io preparo la lettera pel Governatore.

Era quello che Yanez desiderava, di vedere lady Marianna per comunicarle i progetti di Sandokan. Seguì con passo sollecito l’indigeno, attraversò due o tre corridoi e dopo di essere stato annunciato entrò trepidante nel salotto azzurro.

In sulle prime non vide che fiori e tappezzerie, ma poi distinse una forma umana abbandonata su di un canapé, vestita con un lungo accappatoio bianco.

Quantunque non l’avesse mai veduta prima d’allora, riconobbe subito lady Marianna.

La giovanetta era sdraiata sui cuscini, circondata dai più rari fiori, che empivano la stanza di soavi profumi, sostenendo con una mano la testa, in una posa graziosa, in un abbandono malinconico, voluttuoso che colpì il Portoghese a onta della sua indifferenza pel debole sesso.

Pallida, quasi tetra, cogli occhi azzurri e scintillanti fissi a terra, coi capelli biondi a riflessi dorati sciolti sulle spalle, colle labbra sottili e coralline strette, coperta dell’accappatoio bianco che lasciava indovinare le sue ammirabili forme, come avvolta in una nebbia vaporosa, misteriosa sembrava una dea meditabonda che fece ribollire il sangue al cavaliere rimasto là ad ammirarla.

Al rumore che fece lui entrando, si scosse lentamente come uscisse da un sogno e alzandosi a metà fissò in lui l’azzurro sguardo sul quale brillava qualche cosa di umido e stette a guardarlo, sorpresa, quasi irritata, passandosi nervosamente la fine mano nel folto dei capelli profumati.

— Ah! Siete voi che venite da Vittoria? — disse la giovanetta con voce malinconica, affievolita, quasi tetra dopo qualche istante di silenzio.

— Sì, milady, e fui incaricato di qualche commissione per voi — disse il Portoghese che si trovava un po’ imbarazzato alla presenza di quella giovanetta che trovava sublimamente bella più di quanto gliela avesse descritta suo fratello Sandokan.

— Da parte di lord William, non è vero? — domandò lei con una ironia che non sfuggì all’orecchio di Yanez.

Egli esitò guardandosi attorno per veder se nessun l’ascoltava, poi avvicinandosi con un far misterioso alla giovanetta:

— Una preghiera, milady. Credete che noi siamo realmente soli e che nessuno ci possa udire?

Ella corrugò lievemente la fronte guardandolo fisso come volesse indovinare ciò che significavano quelle parole.

— Se noi siamo realmente soli? — esclamò ella con qualche stupore. — Che significa questa domanda, signore? Io credo che per raccontarmi qualche cosa sul baronetto Wílliam, il prezioso amico di mio zio James, non occorrano precauzioni.

— Ecco ciò che v’inganna, milady; non si tratta di quel diavolo d’Inglese ma ben di un altro uomo ben più forte e più potente.

Ella lo guardò con fierezza, poi alzandosi bruscamente e avvicinandosi a lui.

— Andate a chiudere quella porta, ma una parola, prima. Non fidatevi troppo di me, né abusate: potreste pentirvi.

Il Portoghese ubbidì e chiuse accuratamente la porta dopo essersi assicurato che nessuno spiava e ritornò verso la giovanetta che lo aspettava colla fronte aggrottata e l’occhio acceso. Le si avvicinò e in maniera da essere udito solo da lei:

— Milady, io non sono soldato inglese — disse egli. — Ho adoperato queste vesti per giungere sino a voi e parlarvi di Sandokan.

— Di Sandokan!… — esclamò la giovanetta precipitandosi verso di lui cangiata tutta. — Di Sandokan, della Tigre della Malesia?…

— Sì, milady, ma non parlate troppo forte, potreste tradirmi. Sandokan deve avervi parlato sovente di me, di suo fratello il Portoghese, di Yanez, egli me lo ha detto. Io sono mandato da lui.

— Ah signore! — esclamò Marianna afferrandogli le mani. — Si, sì, mi parlava sovente del suo buon fratello il Portoghese, ma parlatemi di lui, è vivo, è morto, si trova ancora nei dintorni? Dio mio, quanto ho sofferto da quella notte!

— Abbassate la voce, milady, le mura possono avere orecchie. Uditemi, egli è vivo, più vivo di prima, più innamorato che mai, e sempre più deciso a rapirvi malgrado l’accrescere degli ostacoli.

— Ah! signore, qual bene mi fate! Credeva che in quella terribile notte fosse caduto vittima della sua audacia.

— Morto? In fede mia, io credo che la Tigre, che è sfuggita al fuoco di cento abbordaggi, non morrà mai sul campo di battaglia.

— Ma come avete potuto sfuggire all’inseguimento dei miei compatrioti?

— Ascoltatemi, lady Marianna. Voi sapete che il lord tagliò la corda alla quale tenevasi aggrappato Sandokan. Orbene, la Tigre cadde, ma proprio come un felino senza farsi il menomo male.

— Ah!

— Una volta a terra, tutte e due dopo di aver risposto al fuoco delle sentinelle ci rifugiammo nella gran stufa, che si trova nel chiosco chinese. Per ventiquattr’ore rimanemmo in quella negra fortezza, poi pigliammo il largo quando gli Inglesi credevano di tenerci in loro mano. Ma da allora la fortuna ci volse le spalle. Degli ottanta pirati che dovevano aspettarci soli venti ne trovammo; gli altri si erano annegati. Mompracem è minacciata, le forze scarseggiano ed ora tutto va di male in peggio pei tigrotti della Malesia.

«Oh! ma rassicuratevi, lady! Se le forze ci sono venute meno al momento d’agire, non così il coraggio e l’astuzia, ed ecco che, grazie a questa, voi mi vedete qui dopo di aver spedito, mediante una falsa lettera, i vostri compatrioti al sud. Mentre io arrischio la missione e vi proteggo, Sandokan e i suoi si trovano imboscati a trecento passi da qui aspettando l’istante propizio per venirvi a salvare.

— Ah! signore, è proprio vero quello che mi raccontate? — esclamò la giovanetta, tergendo due lagrime, due vere perle che le stillavano da quegli occhi poco prima ripieni di fierezza e di fuoco.

— È la verità, milady, e sono pronto a darvene una prova — disse Yanez.

— Vi credo, signore, vi credo. Ma se venisse scoperto? Se lo arrestassero? Dio mio, qual pensiero!

— Scoprirlo! Avanti che abbiano da pigliare Sandokan bisogna che radunino un esercito, milady. Non abbiate alcun timore per lui. Sentite ora, milady. Siete risoluta a seguire la Tigre della Malesia se avesse a liberarvi?

— E ne dubitate? Non ha giurato di amarmi fino all’ultimo respiro? Non mi ha giurato di farmi sua? Perché non dovrei seguire quell’uomo che ha arrischiato la vita per venirmi a dire che mi ama? Perché non dovrei diventare la sposa di quell’uomo che per me infrange la sua carriera, calpesta i suoi doveri, disperde la sua potenza? Sì, lo seguirò e dove egli vorrà condurmi.

La giovanetta così parlando si era alzata con fierezza. Poi sostò, si tacque, impallidì e nascose il volto fra le mani.

— Milady — disse il Portoghese con voce commossa, — l’avvenire che vi aspetta può essere oscuro; l’uomo che vi offre la sua mano è un pirata, è la sanguinaria Tigre della Malesia, ma quest’uomo, che io studiai per cinque anni, so che è capace di farvi felice e che vi adora alla follia.

— Lo so, signore, lo so, e io ricambio questo ardente amore che il pirata ha per l’orfana. Sì, lo ripeto, sarò sua, lo seguirò dove egli vorrà condurmi e uniti cancelleremo il passato, lurido di sangue.

Fra il Portoghese e Marianna successe un breve silenzio, poi quest’ultima con novella energia che attingeva nella passione che ardeva nel suo cuore, forse con egual forza di quello di Sandokan, continuò:

— Che importa se il passato di lui fu tetro, pieno d’orrore e di vittime? La passione lo cancellerà nel suo come nel mio cuore, abbandoneremo questi luoghi per entrambi forse cari, tanto per frapporre migliaia di leghe, tanto da non udirne parlare più mai. Io dimenticherò la mia isola dove sono cresciuta, soffocherò i miei ricordi d’infanzia, spezzerò il vincolo che mi lega ai miei compatrioti: lui dimenticherà la sua Mompracem, soffocherà i ricordi della sua passata carriera, e spezzerà il vincolo che lo univa ai suoi pirati. Io sarò sua come lui sarà mio, la debole creatura a fianco del terribile uomo, la Perla di Labuan legata alla Tigre della Malesia. Sì, diteglielo, che sarò sua oggi, domani, sempre dinanzi a Dio e agli uomini!

— Ah! divina milady! — esclamò Yanez precipitandosi alle sue ginocchia. — Parlate, che volete che faccia, che volete che tenti? Io farò per voi tutto ciò che vorrete per istrapparvi da questa prigione e vedervi libera e felice accanto al mio buon fratello Sandokan.

— Che volete fare che io sono prigioniera?

— Bisogna liberarvi, milady. Ditemi, vi lasciano mai uscire dal parco?

— Uscire? E lo pensate voi, Yanez? Da quella notte che Sandokan mi venne a vedere, non misi mai piede fuori dalla cinta del parco. Mio zio, che vorrebbe gettarmi fra le braccia del baronetto Rosenthal o per lo meno unirmi a qualche ragià del Borneo per dare un brano di terra all’ingorda sua patria, non mi lascierebbe uscire nemmeno scortata da venti soldati. Ha paura che lo si tradisca, sospetta di tutto e di tutti. Non pensatelo nemmeno che mi si possa rapire fuori dalle palizzate o che ceda a lasciarmi andare sposa della Tigre. Mi ha giurato che sceglierebbe di uccidermi con un colpo di pistola.

— Ah! miserabile! — esclamò Yanez che vide capitombolare l’idea d’assaltare la villa. — Questa cosa mi mette in un bell’imbarazzo. Ascoltate milady, io bisogna che oggi parli con Sandokan per metterlo al corrente della situazione e per ideare un nuovo piano. Potrò parlarvi questa sera senz’essere veduto?

— Sì, mi vedrete. Quando suoneranno le sette, recatevi in questa stanza. Anzi io pregherò mio zio che vi lasci cenare con noi.

— Siamo intesi allora, milady. Io raggiungo immediatamente Sandokan e vado a progettare con lui un nuovo piano per liberarvi.

La giovanetta gli si avvicinò cogli occhi umidi e prendendogli le mani con voce commossa gli disse:

— Se lo vedete, ditegli che io sono pronta a tutto e che sarò solo di lui. E ora, che potrò mai fare per voi?

— Per me? — esclamò Yanez che s’inebbriava dell’ardente alito di lei. — Mi basterà il vedervi felice.

— Andate, andate, cuor nobile! Io non vi dimenticherò mai!

Il Portoghese uscì come ubbriaco, abbagliato, affascinato dalla leggiadra lady.

— Per Giove! — esclamò egli dirigendosi verso il salotto dove lo attendeva il lord. — Aveva ben ragione mio fratello di chiamarla ammirabile, di chiamarla divina. Non ho mai veduto nulla di simile in vita mia.

Egli trovò lord James con una lettera in mano. A quella vista impallidì e credette seriamente che la baracca così arditamente architettata fosse lì li per crollare.

Tuttavia riordinando le idee per un momento scosse e raccogliendo l’astuzia che ancor rimaneva giuocò audacemente l’ultima carta, facendo in un baleno il suo piano.

— Una lettera! — esclamò egli con sorpresa, guardando il lupo di mare. — Che devo farne io, milord?

— La consegnerete al Governatore da parte mia e direte al baronetto William, se potete ancora trovarlo, di essere prudente.

— Mi permettete una parola, milord? Il baronetto William nella sua qualità di parente mi ha incaricato di rimanere alla villa e di vegliare attentamente su vostra nepote lady Marianna, con vostro permesso. Non vi nascondo che ha sempre paura della Tigre.

— Egli vi ha detto questo? — domandò lord James, sorridendo bonariamente. — In tal caso, rimanete e fate buona guardia; avrò sempre agio di mandare questa lettera al Governatore. Come il baronetto io temo l’audacia di quel pirata del diavolo.

— Mi permettete allora, milord, di fare una passeggiata nei dintorni e di visitarli per bene, onde non s’abbia a nascondere qualcuno di quei miserabili. Non ho mai avuto paura di quella razza che si danno pomposamente il nome di tigrotti.

— Badate, giovanotto mio, di essere prudente, e forse parlate con meno sprezzo di quella gente che oggi ha raggiunto un grado di audacia che mette sgomento ai più intrepidi. Un giorno parlava anch’io come voi, ma ora le opinioni sono cangiate. Tuttavia, vedete, è molto probabile che essi sieno partiti. Ne avete incontrato venendo da Vittoria?

— Nemmeno uno, milord, e credo che non ne incontrerò nemmeno in questi dintorni. Del resto sarò di ritorno prima di notte.

— Fate come vi piace e se questa sera ne avrete il tempo, venite a trovarmi a tavola. Voi siete soldato e io capitano, ma le distinzioni cessano dinanzi agli uomini che sanno d’essere entrambi gentlemen e quando si sa che le parentele possono da un istante all’altro restringersi. Voi mi potrete comprendere, giovanotto, che siete intimo del baronetto William.

— Perfettamente, milord — rispose Yanez con sottile ironia che non poté essere compresa dal lord, accompagnandola con un sorriso.

Il lord fece un cenno, congedandolo. Il Portoghese, dopo aver salutato, si allontanò flemmaticamente, contento alfine di essere libero, e dippoi scese nel parco passando dinanzi alla sentinella. Con un colpo d’occhio si assicurò che i soldati erano di già partiti pel sud in cerca dell’invisibile nemico. Egli si mise a ridere stropicciandosi le mani con fare contento.

Tutto andava a meraviglia, bastava prendere l’occasione a volo, approfittarne e operare audacemente. Se il lord aveva sventato tutte le trame, tutti i tentativi di Sandokan, questa volta doveva inevitabilmente cadere nel laccio con tanta arte teso. Vincitore per due volte doveva essere vinto e ben battuto.

— Bah! — esclamò Yanez uscendo dal cancello trascinandosi dietro con un rumor di ferraccio la sciabola. — La gherminella sarà magnifica, riuscirà senza rumori e senza pericoli. Sfido io che quel diavolo di Sandokan facesse tante pazzie per giungere a rapirla, è tanto bella, tanto cara!… Hanno ragione, si amano e finiranno per diventar felici a dispetto del dannato vecchio. E io, che diavolo farò io, quando Mompracem non avrà più tigrotti? Orsù compirò il mio sogno e andrò a finire la mia vita in qualche angolo di una città d’estremo oriente, a Batavia, a Singapura, a Canton, o qualche altra, a meno che non segua mio fratello e l’adorabile sua sposa. Cosa possibilissima del resto. Uhm, come finirà poi la baracca?

Crollò due o tre volte il capo, come uomo che vede oscuro attraverso i suoi sogni dorati e allungò il passo seguendo il sentiero di Vittoria, guardando a destra e a manca. Non andò molto che udì un debole fischio che riconobbe subitamente.

— È Sandokan — mormorò egli, e rispose al segnale con un fischio, raddoppiando il passo.

La Tigre, seguita da Giro Batoë, si rizzò dietro a un cespuglio e gli corse incontro saltandogli al collo.

— Parla! Parla! Parla, fratellino mio! — esclamò Sandokan. — L’hai veduta? Le hai parlato? Racconta, che io brucio tutto, io fremo fino alla punta dei capelli.

— Non solo ho compiuto la mia missione come un Inglese rigidissimo, ma l’ho veduta e le ho parlato di te e, per Giove! l’ho trovata divina, tanto che mi pareva di diventare pazzo, di essere ubbriaco dinanzi a lei. A vederla piangere mi son…

— A vederla piangere! — urlò Sandokan con una intonazione che aveva dello strazio. — Dimmi chi fu a farla piangere che io vado a strappare il cuore al maledetto che l’ardì, che vado a cangiare quelle lagrime in fiotti di sangue. Dimmelo, Yanez, ché la Tigre ha sete, terribilmente sete!

— Diventi idrofobo. Chi vuoi che sia stato a farla piangere, se non l’amore che nutre per te?

— Ah! fanciulla sublime! — esclamò il pirata. — Su, raccontami ogni cosa, Yanez, te ne prego.

Il Portoghese non se lo fece dire due volte e narrò per filo e per segno tutte le peripezie della sua pericolosa missione.

— Vedi, Sandokan — finì egli, — non bisogna fidarsi troppo delle nostre forze, poiché in quella casa posso assicurarti che vi è ancora una ventina d’uomini fra soldati e indigeni, che al primo allarme si barricheranno in casa. E poi, vedi, il lord disse che l’ammazzerebbe sua nepote anziché lasciarsela rapire. Voglio credere che sia una fola, però bisogna tenerne conto. Non si sa mai che possa accadere.

«Orsù, se hai qualche cosa da dirmi, spicciati che il lord mi aspetta a cena.

— E vedrai Marianna?

— Sfido io.

— Ah! Potessi vederla pur io e rapirla sotto gli occhi di quel maledetto lord.

— Mezzi pericolosi, fratello mio. Credi a me, non adoperiamo la violenza per rapirla. Venti uomini barricati in una casa, valgono quanto un esercito.

— E non potresti tu questa notte metterti in sentinella e aprirci la porta dopo di aver freddato mezzi soldati? Mi pare che il piano sia eccellente e che con un po’ d’audacia si possa condurlo a buon fine.

— Uhm! che giuoco pericoloso, Sandokan! Non sarà facile ammazzare cinque o sei individui senza far rumore. E poi, credi tu che una volta entrati nella palazzina si sia padroni della piazza? Tutti si desteranno, le sentinelle che vegliano dinanzi la camera della lady ci piglieranno a moschettate, il lord farà improvvisare barricate e per avanzare bisognerà espugnare camera per camera sotto un fuoco infernale, sotto una pioggia di palle di quindici o venti carabine. E infine, il lord, trovandosi alle strette, potrebbe essere capace d’eseguire la minaccia di far saltare le cervella alla sua vezzosa nepote che mi pare non ami troppo. Morta lei, tutto sarà finito e tu sarai più ammalato di prima.

Il ragionamento del Portoghese era logico, tanto logico che spaventò Sandokan. Il lord, in un momento di disperazione, poteva lasciarsi trascinare al punto di commettere un assassinio, era chiaro, chiarissimo. Il piano ideato crollò come un castello di carte sotto il soffio di un fanciullo.

Ma, a ogni modo, bisognava rapirla, prima che gl’Inglesi accortisi della burla potessero ritornare o capitare nuovi ostacoli da parte del baronetto. L’uragano poteva addensarsi e scoppiare, e in maniera da far fallire tutti gli sforzi del pirata o almeno da renderli cento volte più difficili. Sandokan lo sapeva; bisognava prevenire lo scoppio e in breve tempo.

— Ebbene, fratello mio, che te ne pare dei miei ragionamenti? — domandò il Portoghese. — Credi tu che io possa tentare il colpo?

— No, Yanez, tu parli bene, ma il tempo vola: nell’aria vi sono delle nubi che potrebbero minacciare una burrasca. Bisogna che io la rapisca prima che si sappia a Labuan che io mi trovo qui con venti soli uomini, e che Mompracem è senza difesa. Ascolta, vedi tu queste pillole nere? — disse Sandokan aprendo una scatola e facendo vedere delle pallottine che tramandavano un odore particolare.

— Bene, delle pillole che sono senza dubbio velenose — disse Yanez dopo di averle fiutate e guardate attentamente.

— Non del tutto, Yanez; contengono un potente narcotico che sospende per sei ore la vita. Possono esser utili quando la sfortuna potrebbe farci cadere prigionieri delle giacche rosse e fingerci morti per poi risuscitare senza bisogno di medici. Non credi che si potrebbe farne inghiottire qualcuna alla giovanetta? Seppellita, penseremo noi a trarla dalla tomba.

— Uhm! seppellirla dopo sei ore? Non si fa così presso le giacche rosse, amico mio, che diffidando sempre dei morti, sogliono avere la mania d’aspettare un giorno o due prima di precipitarli in una buca. Inghiottita la pillola, dopo sei ore la giovanetta tornerà viva, e la burla sarà finita. Non è ciò che bisogna tentare; credo di avere un piano più migliore.

— Spicciati allora, Yanez! Il tempo vola, io temo sempre di vedermela rapire da quel cane di William.

— Odimi bene, Sandokan. Il lord crede, bene o male, più o meno, che i pirati abbiano abbandonato i dintorni e che sieno tutti al sud. Io ho udito, che ha qualche idea per maggior sicurezza di recarsi a Vittoria e di stabilirvisi per un certo tempo. Perché non potrei io, che comincio a godere qualche confidenza per la parentela del baronetto William, deciderlo a intraprendere domani il viaggio?

— Ah! — esclamò il pirata, stringendo fra le braccia il Portoghese. — Se tu sapessi fare ciò, Yanez!

— Si potrebbe farlo. Una volta in viaggio, la faccenda non sarà difficile; venti uomini contro venti, ad armi eguali e con coraggio diverso. Una lotta magnifica, moschettate e colpi di kriss, una dozzina di cadaveri, qualche grido e si rapisce la giovanetta dopo di aver freddato sin dal primo urto il lord onde non abbia a compiere la sua lugubre idea.

— Freddarlo! — mormorò Sandokan, diventando tetro. — Non bisogna farlo, Yanez; ho promesso quando mi curò di salvargli in ogni occasione la vita. Ha la mia parola e la Tigre della Malesia la manterrà.

— Come vuoi, Sandokan, faremo un macello invece delle giacche rosse. Tu mi hai compreso, fa armare il prahos acciocché sia sempre pronto a prendere il largo, raduna i tuoi uomini sul sentiero, e al momento opportuno, agisci. Io farò la mia parte di soldato, ma veglierò invece sul lord e alla prima moschettata lo atterro. Tu e i tuoi farete il rimanente. È tardi, non bisogna far troppo aspettare un capitano che invita a pranzo un semplice soldato e impazientare troppo quell’adorabile lady.

— Addio, Yanez, e rammentati di ciò che ti dissi. Quando avrai bisogno di un uomo che sia terribile quanto valoroso, ricordati della Tigre della Malesia.

Il Portoghese fece un legger saluto colla mano, e, messasi la sciabola sotto il braccio, si diresse a lenti passi verso la villa.

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