I Thugs (terza parte)

Terminata quella funebre operazione, Sandokan si volse verso il luogotenente che appariva assai triste.

– Signor de Lussac, – disse, – che cosa intendete di fare ora? Tornarvene a Calcutta o vendicare i vostri uomini? Noi siamo venuti qui non già per dare la caccia alle tigri ed ai rinoceronti, bensí per compiere una grande vendetta e riavere ciò che ci hanno preso: il nostro nemico è ilthug .

Il francese era rimasto silenzioso, guardando con un profondo stupore quei tre uomini.

– Decidetevi, – disse Sandokan. – Se preferite lasciare la jungla, metterò a vostra disposizione uno dei nostri elefanti onde vi conduca a Diamond-Harbour od a Khari.

– Ma che cosa siete venuti a fare qui, voi, signori? – chiese il francese.

– Io ed il mio amico Yanez de Gomera, un nobile portoghese, abbiamo lasciata la nostra isola che sta laggiú, in mezzo al mare della Malesia, per compiere una missione terribile che libererà questo disgraziato paese da una setta infame, e che ridarà una famiglia a questo indiano, uno dei piú forti e dei piú fieri uomini che vanti il Bengala e che è parente stretto d’uno dei piú coraggiosi ufficiali dell’esercito anglo-indiano, il capitano Corishant.

– Corishant! Lo sterminatore dei Thugs! – esclamò il francese.

– Sí, signor de Lussac, – disse Tremal-Naik, facendosi innanzi. – Io ho sposato sua figlia.

– Corishant! – ripeté il francese. – Quello che anni or sono fu assassinato nelle Sunderbunds dai settari di Kalí?

– L’avete conosciuto?

– Era il mio capitano.

– E noi lo vendicheremo.

– Signori, ignoro ancora chi voi siate, ma potete contare, fino da questo momento, su di me. Ho una licenza straordinaria di tre mesi e i sessanta giorni che ancora mi rimangono li dedico a voi. Disponete.

– Signor de Lussac, – disse Yanez, – volete venire nel nostro accampamento?…

Là i Thugs non vi strangoleranno piú, ve l’assicuro.

– Sono ai vostri ordini, signor Yanez de Gomera.

– Partiamo, – disse Sandokan. – I nostri uomini possono inquietarsi di questa lunga assenza.

– Darma, in testa! – comandò Tremal-Naik.

I quattro uomini si strinsero in gruppo dietro la tigre e si misero in cammino, seguendo nuovamente il margine della foresta.

Due ore dopo giungevano all’accampamento.

I malesi ed icornac , seduti intorno ai fuochi, vegliavano ancora fumando e chiacchierando.

– Nulla di nuovo? – chiese Sandokan.

– Nulla capitano, – rispose uno dei tigrotti.

– Avete notato niente di straordinario? Degli uomini non sono venuti a ronzare attorno all’accampamento?

– Il cane se ne sarebbe accorto.

– Signor de Lussac, – disse Sandokan, volgendosi verso il francese, che guardava con ammirazione i due colossali elefanti che russavano beatamente a poca distanza dai fuochi. – Se non vi spiace, dividerete con Yanez la tenda. È un europeo al pari di voi.

– Grazie della vostra ospitalità, capitano.

– È già tardi: andiamo a dormire. A domani, signor de Lussac.

Fece a Yanez un cenno ed entrò nella sua tenda assieme a Tremal-Naik, mentre i malesi riattivavano i fuochi e sceglievano gli uomini di guardia.

– Signor de Lussac, – disse Yanez, con un sorriso. – La mia tenda vi aspetta. Se il sonno non vi tenta discorreremo un po’.

– Preferisco qualche spiegazione al dormire, – rispose il luogotenente.

– Vi credo, – disse Yanez, offrendogli una sigaretta.

Si sedettero dinanzi alla tenda, di fronte ad uno dei fuochi che illuminavano l’accampamento. Yanez fumava senza parlare, ma dalla contrazione della fronte si poteva comprendere che stava cercando degli antichi ricordi.

Ad un tratto gettò via la sigaretta, dicendo:

– È una istoria un po’ lunga che forse troverete interessante e che vi spiegherà il motivo per cui noi ci troviamo qui ed il perché noi abbiamo dichiarata una guerra mortale ai settari di Kalí, decisi a vincere od a morire nell’impresa.

Alcuni anni or sono, fra queste jungle, un indiano che campava la vita cacciando coraggiosamente i serpenti e le tigri, incontrava una fanciulla dalla pelle bianca e dai capelli biondi.

Per molti giorni si videro, finché il cuore dell’indiano arse d’affetto per quella misteriosa fanciulla che tutte le sere, all’ora del tramonto, gli appariva.

Quel fiore, perduto nelle pantanose jungle, era disgraziatamente la "Vergine" dei Thugs, rappresentante sulla terra la mostruosa Kalí. Abitava allora gli ampi sotterranei di Rajmangal, dove si tenevano celati i settari, per sfuggire alle ricerche del governo del Bengala.

Il loro sacerdote l’aveva fatta rapire un giorno a Calcutta, ed era la figlia d’uno dei piú valorosi ufficiali dell’esercito anglo-indiano: il capitano Corishant.

– Che ho conosciuto personalmente, – disse il francese, che ascoltava con vivo interesse quella narrazione. – Era noto pel suo odio implacabile verso gli strangolatori.

– L’indiano, che è l’uomo che voi avete veduto in nostra compagnia e che doveva un giorno diventare il genero dello sfortunato capitano, dopo incredibili avventure riusciva a penetrare nei sotterranei dei Thugs, per rapire la fanciulla che amava.

L’audace disegno non riuscí ed il disgraziato cadde nelle mani degli strangolatori.

Nondimeno gli fu risparmiata la vita non solo; ma gli fu anche promessa la mano della fanciulla purché uccidesse il capitano Corishant: la testa del valoroso ufficiale doveva essere il regalo di nozze.

– Ah! Miserabili! – esclamò il francese. – E ignorava l’indiano che il capitano era il padre della sua fidanzata?

– Sí perché allora il capitano Corishant si faceva chiamare Macpherson.

– E lo uccise?

– No, – disse Yanez. – Una circostanza fortunata gli svelò a tempo che il capitano era il padre della «Vergine della pagoda».

– E che cosa successe allora? – chiese ansiosamente il francese.

– Una spedizione era stata, in quel tempo, organizzata dal governo del Bengala contro i Thugs ed il comando era stato affidato al capitano Corishant, loro accanito avversario.

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