Il tradimento dei Thugs (seconda parte)

Un colpo di fucile sparato a breve distanza, seguito dal ben noto fischio della palla che sibilò ai loro orecchi, li fece balzare rapidamente in piedi.

Uno degli otto marinari che si trovava a prora, aveva fatto fuoco contro di loro e stava ancora rannicchiato dietro una cassa, semi-avvolto in una nuvola di fumo, coll’arma ancora in mano.

La sorpresa di Sandokan e di Tremal-Naik era stata tale che rimasero entrambi immobili, credendo in buona fede che quel colpo di fucile fosse partito accidentalmente, non potendo credere lí per lí che si trattasse d’un tradimento.

Un grido del pilota li avvertí che un terribile pericolo li minacciava e che quella palla era stata destinata a loro.

Il furfante aveva abbandonato precipitosamente il timone dove in quel momento si trovava e si era slanciato attraverso la tolda, urlando:

– Addosso, ragazzi! Siamo in nove! Fuori i coltelli ed i lacci!

Sandokan aveva mandato un vero ruggito.

Si guardò intorno per afferrare la carabina, che aveva appoggiata alla murata: era scomparsa e cosí pure erano sparite anche quelle dei compagni.

Con una mossa fulminea levò la barra del timone e si scagliò verso prora, dove l’equipaggio si era stretto attorno all’uomo che aveva fatto fuoco, gridando con voce tuonante:

– Tradimento! Yanez! Lussac! In coperta!

Tremal-Naik l’aveva seguito, armato d’un’ascia che aveva trovata infissa su un barile, fra un gruppo di gomene.

Gli indiani della scialuppa avevano estratti i loro coltelli e sciolti i lacci che fino allora avevano tenuti nascosti sotto l’ampia casacca di tela.

– Addosso, ragazzi! – aveva ripetuto il pilota, che si era armato d’una di quelle corte scimitarre usate daimaharatti , chiamatetarwar . – Accoppate il padre della piccola vergine, il nemico di Suyodhana.

– Ah! cane d’un vecchio! – gridò Tremal-Naik. – M’hai riconosciuto! Morrai! – Gli otto marinai si erano avventati a loro volta collo slancio delle tigri. Erano, come abbiamo detto, robusti garzoni, scelti certamente con cura e tutt’altro che magri come lo sono ordinariamente i bengalesi.

Tre si gettarono addosso a Sandokan; gli altri, col pilota, si scagliarono su Tremal-Naik.

La Tigre della Malesia tentò con un’abile mossa di coprire l’amico che correva maggior pericolo, ma i Thugs, accortisi a tempo, gli chiusero il passo.

– Ripara a poppa, Tremal-Naik! – gridò il pirata. – Tieni testa per un solo momento. Yanez, Lussac,cornac a noi!

I tre marinai gli erano addosso. Con un balzo da pantera si sottrasse all’accerchiamento, alzò poi la pesante barra del timone e percosse furiosamente l’avversario piú vicino che tentava di squarciargli il ventre con un colpo di coltello.

Ilthug , colpito sul cranio stramazzò a terra come un bue percosso dalla mazza del macellaio e la materia cerebrale schizzò fino sulla murata.

Nel medesimo tempo però un laccio piombava addosso al capo dei pirati, imprigionandogli la destra.

– Sei preso! – gli gridò lo strangolatore. – Gettalo a terra, Fikar!

– Ebbene, prendi! – gridò Sandokan.

Lasciò cadere la barra, si curvò e colpí l’avversario con un colpo di testa in mezzo al petto, scaraventandolo dall’altra parte della tolda mezzo accoppato, poi girando rapidamente su se stesso si precipitò addosso al terzo che stava per assalirlo alle spalle, afferrandolo strettamente fra le braccia per impedirgli di far uso del coltello.

L’indiano però era piú robusto di quanto Sandokan aveva creduto e senza dubbio coraggioso.

A sua volta afferrò il capo dei pirati tentando di porgli una mano attorno al collo. Un’onda che scosse bruscamente la pinassa, imprimendole un movimento di rollio, li fece cadere entrambi.

Intanto Tremal-Naik, assalito dagli altri cinque e dal pilota, si difendeva disperatamente, avventando furiosi colpi d’ascia ed indietreggiando verso poppa.

Aveva evitato due lacci ed era sfuggito ad un colpo ditarwar vibratogli dal vecchio pilota, ma non poteva resistere a lungo a quei sei nemici che tentavano di accerchiarlo e che lo assalivano da tutte le parti.

Già uno stava per sorprenderlo alle spalle, quando irruppero sul cassero Yanez, de Lussac ed il conduttore di elefanti.

Svegliati di soprassalto dalle grida di Sandokan, allarmati da quella parola “tradimento” si erano gettati precipitosamente giú dalle brande, cercando le loro carabine.

Come erano sparite quelle di Tremal-Naik e di Sandokan, anche le loro non si trovavano piú nel luogo ove le avevano deposte.

Qualche marinaio, approfittando del loro sonno, le aveva di certo portate via e forse gettate nella laguna onde togliere loro la possibilità di difendersi.

De Lussac ed ilcornac avevano però i loro coltelli da caccia, armi solide e dalla lama lunga un buon piede, mentre Yanez teneva nella fascia una di quelle formidabilinavaje che aperte somigliano a spade.

Il portoghese l’aprí con un colpo secco e si slanciò su per la scala, gridando:

– Avanti amici! Lassú si scannano.

I Thugs che tentavano di sopraffare Tremal-Naik, vedendo irrompere in coperta i due bianchi ed ilcornac , si erano prontamente divisi scegliendo ognuno il suo avversario.

Il pilota ed un marinaio erano rimasti di fronte a Tremal-Naik che aveva finito per appoggiarsi contro la murata di babordo; due altri si erano gettati contro il francese, gli altri tre addosso a Yanez ed alcornac .

– Ah! Canaglie! – gridò il portoghese, balzando verso la tenda di poppa e strappandola d’un colpo solo, per avvolgersela attorno al braccio sinistro. – È cosí che si tradisce qui? A me i due, a te l’altro,cornac , e fora bene la pelle.

La lotta era incominciata piú furiosa che mai fra quei dodici uomini, mentre la pinassa, abbandonata a se stessa, rollava e beccheggiava sotto le onde che l’alta marea spingeva attraverso la laguna.

I Thugs avevano gettati i lacci, diventati ormai inutili in una lotta corpo a corpo, e lavoravano di coltello, balzando come felini; i due bianchi, Tremal-Naik, ed ilcornac tenevano però bravamente testa e non si lasciavano sopraffare.

Sandokan invece, sempre avvinghiato al suo avversario, si rotolava pel ponte tentando di finirlo. Era già riuscito a cacciarselo sotto e ad afferrarlo pel collo e stringeva con tutte le sue forze, facendogli uscire mezzo palmo di lingua. L’indiano tuttavia resisteva con una tenacia prodigiosa ed avendo le braccia ed il collo unti d’olio di cocco riusciva di quando in quando a sfuggire.

Appena però cercava di alzarsi sulle ginocchia, il pirata che possedeva una forza prodigiosa tornava ad abbatterlo a colpi di pugno.

Ad un tratto, mentre l’aveva nuovamente riafferrato pel collo, sentí sotto di sé la barra del timone che una brusca scossa della pinassa aveva fatto rotolare fino a lui. D’un balzo fu in piedi, lasciando libero l’avversario. Raccogliere la barra, alzarla e farla cadere sulla testa dell’indiano che stava pure per levarsi, fu l’affare d’un solo momento.

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