Il tradimento dei Thugs (terza parte)

Ilthug non mandò nemmeno un grido. Era caduto fulminato.

– E due, gridò Sandokan. – Tenete duro amici! Vengo in vostro soccorso!

Stava per slanciarsi verso poppa, quando si sentí afferrare per di dietro.

L’indiano che aveva abbattuto con quel terribile colpo di testa, quantunque dovesse avere delle costole spezzate, si era rialzato per cercare di portare aiuto al compagno.

Disgraziatamente per lui, era giunto troppo tardi e da solo non era piú in grado di lottare colla terribile Tigre della Malesia.

– Come! – esclamò il pirata. – Ancora vivo? Andrai a tener compagnia ai pesci.

Lo sollevò fra le robuste braccia e lo gettò nella laguna, senza che il disgraziato, che vomitava già sangue, avesse potuto opporre la menoma resistenza.

In quel mentre un grido di dolore echeggiò a poppa, seguito da una bestemmia lanciata da Yanez.

Ilcornac , che lottava a qualche passo dal portoghese, contro uno dei Thugs, era caduto col petto squarciato da una tremenda coltellata.

Un grido di trionfo aveva salutata la caduta del povero conduttore di elefanti:

– Avanti! Kalí ci protegge!

Quell’urlo però si era quasi subito tramutato in un grido di spavento e d’angoscia. Nel momento in cui ilcornac stramazzava sulla tolda tenendosi le mani raggrinzate sull’orrenda ferita, dalla quale usciva un vero torrente di sangue, un altro cadeva quattro passi piú lontano, colla testa spaccata fino al mento da un formidabile colpo d’ascia.

Era il vecchio pilota.

Tremal-Naik, approfittando d’un passo falso dell’avversario, causato da un colpo di rollío, gli aveva assestato quel colpo terribile.

Il vecchio aprí le braccia, lasciandosi sfuggire iltarwar e dopo d’aver fatti due o tre passi barcollando, era piombato sulla tolda, mentre dalla spaccatura del cranio usciva sangue misto a cervella.

Il bengalese non era però ancora vincitore perché aveva l’altro alle reni, tuttavia poteva avere buon giuoco e ridurlo presto a mal partito: l’ascia aveva non poca supremazia sul coltello del malandrino.

Sandokan con un colpo d’occhio aveva abbracciata la situazione e aveva subito capito che quegli che correva maggior pericolo in quel momento era Yanez, che ne aveva tre di fronte.

Il tenente aveva anche lui da fare a sbrigarsela con altri due, che gli si stringevano addosso come due mastini rabbiosi, nondimeno non pareva che si trovasse a malpartito.

Il bravo giovane giocava mirabilmente di coltello ed ora con attacchi fulminei ed ora con ritirate improvvise, teneva ancora a distanza gli avversari.

– A Yanez prima, – si disse Sandokan. In tre slanci piombò alle spalle dei bricconi, gridando:

– Vi uccido!

Due si volsero e gli si avventarono contro urlando:

– È te che uccideremo!

Sandokan con un mulinello della pesante barra li separò, poi si scagliò sul piú vicino e d’un colpo lo atterrò, sfondandogli le costole.

L’altro, spaventato, stava per volgergli le spalle coll’intenzione di fuggire verso prora, quando la terribile mazza lo colpí fra le due spalle.

Cadde sulle ginocchia, nondimeno ebbe ancora la forza d’alzarsi, di varcare d’un salto la murata e di precipitarsi a capo fitto nella laguna.

Sandokan stava per attaccare quello che lottava con Yanez, quando lo vide accasciarsi improvvisamente su se stesso, poi distendersi sulla tolda.

Lanavaja del portoghese gli aveva spaccato il cuore.

I due Thugs che armeggiavano col signor de Lussac, vedendo che ormai la partita era perduta, fuggirono verso prora e a loro volta si gettarono in acqua scomparendo fra le foglie di loto e le canne palustri che crescevano su un bassofondo comunicante con un’isoletta.

A bordo non rimaneva che l’avversario di Tremal-Naik, il piú robusto e forse il piú coraggioso della banda e che lottava ferocemente, sottraendosi con un’agilità da quadrumane ai colpi d’ascia che gli vibrava l’avversario.

Sandokan aveva già nuovamente impugnata la barra per finire anche quel malandrino, quando Yanez gli disse precipitosamente:

– No, risparmialo: lo faremo parlare.

In un lampo gli furono alle spalle assieme al signor de Lussac e lo atterrarono, legandolo collo stesso laccio che aveva gettato poco prima sulla tolda.

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