La Marianna (seconda parte)

Un canotto montato da cinque uomini era stato già calato in acqua, mentre il veliero si era messo in panna a mezzo miglio da Diamond-Harbour.

Yanez chiamò il timoniere della piccola scialuppa e gli consegnò il biglietto, unitamente a una sterlina, dicendogli:

– Non una parola su noi e parla portoghese. Il capitano sono io pel momento.

Il timoniere, un bel tipo di dayaco, alto e robustissimo, raggiunse rapidamente il canotto il quale prese immediatamente il largo, dirigendosi verso la stazione dei piloti.

Mezz’ora dopo era di ritorno annunciando che il dispaccio era stato già spedito a destinazione.

– Non ti hanno rivolto alcuna domanda i guardiani del semaforo? – chiese Yanez.

– Sí, capitano Yanez, ma io sono rimasto muto come un pesce.

– Benissimo.

Il canotto fu rapidamente issato e sospeso alle gru, poi laMarianna riprese la sua corsa, tenendosi quasi in mezzo al fiume.

Sandokan si era ricoricato sul suo cuscino di seta, immergendosi in profondi pensieri, mentre Yanez, accesa una sigaretta, si era appoggiato nuovamente alla murata poppiera, guardando distrattamente le due rive.

Immense jungle formate da bambú alti quindici e piú metri, si estendevano a destra e a sinistra dell’imponente fiume, coprendo quelle terre basse e fangose che chiamansi le Sunderbunds del Gange, rifugio favorito delle tigri, dei rinoceronti, dei serpenti e dei coccodrilli.

Un numero infinito di uccelli acquatici volteggiavano sopra le rizophore che coprivano le rive, ma nessun abitante si vedeva.

Aironi giganti, le grandi cicogne nere, ibis brune, e bruttissimi e colossaliarghilah , allineati come soldati sui rami curvi dei paletuvieri, facevano la loro toletta mattutina, spennacchiandosi a vicenda; mentre in alto stormi di anitre braminiche, di marangoni e di folaghe s’inseguivano e folleggiavano giocondamente, per precipitarsi poi tutti in acqua allorquando qualche banda di manghi, quei deliziosi pesci rossi del Gange, commetteva l’imprudenza di mostrarsi.

– Bei posti per la caccia, ma brutto paese, – mormorava Yanez, che a poco a poco s’interessava di quelle rive. – Non valgono queste jungle le maestose foreste del Borneo e nemmeno quelle di Mompracem.

– Se questi sono i luoghi abitati dai Thugs di Suyodhana, non li invidierei certo. Canne, spine e pantani: spine, pantani e canne. Ecco il delta del sacro fiume degli indi. E nulla è ancora cambiato da quando io ho visitato l’India. Decisamente gli inglesi non si preoccupano che di tosare meglio che possono i poveri indiani.

LaMarianna continuava ad avanzare sempre rapidamente, nondimeno le due rive non accennavano a cambiare, almeno a destra. Sull’opposta invece cominciava ad apparire qualche gruppetto di meschine capanne con le pareti di fango disseccato e i tetti di foglie, ombreggiate da qualche gruppo di cocchi semi intristiti e da qualche colossale nim dal tronco enorme e dal fogliame cupo e fitto.

Yanez stava appunto osservando uno di quei miserabili villaggi, difesi verso il fiume da uno steccato per salvaguardate gli abitanti dagli attacchi dei coccodrilli, quando Sandokan gli si appressò, dicendogli:

– Sono questi i pantani abitati dai Thugs?

– Sí, fratellino mio, – rispose Yanez.

– Che quello sia uno dei loro covi o qualche posto di osservazione? Non vedi laggiú, fra le canne, ergersi una specie di torre che sembra di legno?

– È uno degli asili per i naufraghi, – rispose Yanez.

– Eretto da chi?

– Dal governo anglo-indiano. Il fiume è piú pericoloso di quello che tu creda, fratellino mio, in causa degli enormi banchi di sabbia che la forza della corrente sposta continuamente, sicché i naufragi sono piú frequenti qui che in mare.

Siccome le rive sono popolate da animali feroci, cosí si sono erette in vari luoghi delle torri di rifugio pei naufraghi alle quali si accede mediante una scala a mano che si può ritirare.

– E che cosa contengono quelle torri?

– Dei viveri che vengono rinnovati ogni mese da appositi vaporini.

– Cosí pericolose sono dunque queste rive? – chiese Sandokan.

– Sono infestate da belve e nulla possono offrire al disgraziato che vi approda. Credi tu che dietro quei paletuvieri non vi siano delle tigri che stanno spiandoci? Sono piú audaci di quelle che abitano le nostre foreste, perché sovente osano cacciarsi in acqua e assalire i piccoli velieri all’improvviso, portando via qualche marinaio.

– E non pensano a distruggerle?

– Gli ufficiali inglesi fanno sovente delle battute; sono però cosí numerose quelle fiere, che finora non accennano a diminuire.

– Mi viene un’idea, Yanez, – disse Sandokan.

– Quale?

– Te la comunicherò questa sera, quando avremo veduto quel povero Tremal-Naik.

Ilpraho passava in quel momento dinanzi alla torre segnalata, la quale sorgeva sul margine d’un isolotto pantanoso, diviso dalla vera jungla da un canaletto.

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