La prima tigre (prima parte)

I due elefanti, ad un comando dei lorocornac , avevan rallentata la marcia.

Dovevano essersi accorti anche essi della vicinanza della pericolosa belva, perché erano improvvisamente diventati estremamente prudenti, specialmente ilcoomareah che era montato da Sandokan e dai suoi compagni e che s’avanzava pel primo. Essendo meno alto dell’altro, poteva venire sorpreso prima di scorgere labâg , perciò appena scartate le canne che gl’impedivano la vista, si affrettava a ritirare la proboscide arrotolandola fra le enormi zanne.

Quantunque gli elefanti abbiano la pelle grossissima, sono di una sensibilità estrema. Specialmente la tromba è delicatissima, si può quindi immaginare come ci tengano a non abbandonarla fra le unghie di quelle formidabili fiere.

Sandokan ed i suoi compagni, in piedi, colle carabine in mano, cercavano di scoprire labâg , senza però riuscire a vederla. I vegetali erano d’altronde cosí folti in quel luogo, che non era cosa facile scrutarvi dentro.

Doveva però essere passata da poco di là. Quell’odore caratteristico, quella puzza di selvatico che si lasciano indietro si sentiva ancora.

Disturbata dal latrato di Punthy, doveva essersi allontanata sollecitamente.

– Dove si sarà rintanata? – chiese Sandokan, che tormentava il grilletto della carabina. – Che non voglia mostrarsi?

– Avrà compreso che non vi è nulla da guadagnare ad impegnare la lotta, e la furba cerca di filare verso il suo covo.

– Che ci sfugga?

– Se Punthy è sulle sue tracce non la lascerà.

– E Darma? – chiese Yanez. – Non la vedo piú.

– Ci segue, non temere, ma a distanza. Non ama gli elefanti; fra le due razze vi è un vecchio odio.

– Zitto, – disse Sandokam. – Punthy l’ha scoperta!

Dei latrati furiosi partivano da una macchia di bambú spinosi.

– È alle prese colla tigre? – gridò Yanez.

– Non si esporrà il mio bravo cane, – rispose Tremal-Naik. – Sa che malgrado la sua forza e la sua robustezza, non è in grado di competere colle unghie d’acciaio dellebâg .

In quel momento il molango che stava in piedi dietro l’haudah, tenendosi aggrappato al bordo della cassa, disse a Tremal-Naik:

-Sahib : viene.

– L’hai veduta?

– Sí: si nasconde laggiú fra ikalam . Non vedi le erbe muoversi? Labâg striscia con precauzione e cerca di sottrarsi alle ricerche del tuo cane.

-Cornac ! – gridò il bengalese. – Spingi innanzi l’elefante: noi siamo pronti ad aprire il fuoco.

Ad un fischio del conduttore ilcoomareah allungò il passo dirigendosi verso le alte erbe in mezzo a cui echeggiavano ad intervalli i latrati di Punthy.

Ilmerghee che portava i sei malesi l’aveva seguito.

L’odore di selvatico lasciato dalla belva non si sentiva piú. Tuttavia ilcoomareah , non nuovo a quelle pericolose cacce, pareva che avesse fiutata la vicinanza della terribile nemica.

Il colosso cominciava a dare segni di viva inquietudine: soffiava rumorosamente, scuoteva l’enorme testa e di quando in quando veniva assalito da un forte brivido che si trasmetteva perfino all’haudah.

Non ostante la loro forza immensa e l’eccezionale vigore della loro tromba, che sradica d’un sol colpo anche un grosso albero, è un fatto ormai constatato che quei colossi hanno una vera paura delle tigri, tale anzi che certe volte si rifiutano perfino di avanzare e che rimangono sordi alle carezze dei loro affezionaticornac .

Ilcoomareah che portava i tre capi era un animale coraggioso che da molti anni aveva fatto le sue prime armi, come aveva assicurato il suo conduttore, e che molte tigri aveva schiacciate sotto i propri piedi o scagliate a sfracellarsi contro gli alberi, pure in quel momento, come abbiamo detto, provava delle esitazioni. Anche il suo compagno che lo seguiva a breve distanza, di tratto in tratto titubava ed era necessario talvolta per deciderlo un buon colpo d’arpione.

Ad un tratto si udí il molango che era passato dinanzi all’haudahe che s’appoggiava alcornac , a gridare.

– Attenzione!

Poi due forme giallastre, striate di nero, eransi slanciate al sopra delle alte erbe, a meno di cinquanta passi, per ricadere subito.

Erano due enormi tigri che prima d’impegnare la lotta o di battere in ritirata, avevano spiccato un salto in aria per accertarsi delle forze dei loro nemici.

– Sono due! – aveva esclamato Tremal-Naik. – La mangiatrice di uomini ha trovata una compagna.

Sangue freddo, amici miei, e non fate fuoco che a colpo sicuro. Pare che siano decise a darci battaglia.

– Cosí la caccia riuscirà piú interessante, – rispose Sandokan.

Yanez guardò Surama: la giovane bajadera era diventata pallidissima, tuttavia conservava ancora una calma ammirabile.

– Hai paura? – le chiese.

– Accanto alsahib bianco, no, – rispose la fanciulla.

– Non temere, siamo uomini vecchi alle grandi cacce e conosciamo le tigri.

Le due belve erano tornate a imboscarsi fra le canne e ikalam e pareva che avessero preso, almeno pel momento, il partito di allontanarsi, perché si udivano i latrati di Punthy echeggiare piú fiochi.

– Spingi l’elefante, – gridò Tremal-Naik, alcornac .

Ilcoomareah pareva che avesse ripreso coraggio, perché raddoppiò subito il passo. Non si sentiva però interamente sicuro, a giudicarlo dal tremito e dai formidabili barriti che lanciava di quando in quando.

Tremal-Naik ed i suoi compagni, curvi sui bordi della cassa, coi fucili montati, osservavano attentamente le alte erbe cercando di scoprire le due belve che si ostinavano a non mostrarsi.

Ad un tratto si udirono i latrati di Punthy a echeggiare a pochi passi dall’elefante un po’ a destra.

Il molango aveva mandato un grido.

– Attenti,sahib ! Lebâg stanno per venire. Hanno girato intorno a noi!

Nel medesimo istante ilcoomareah s’arrestò rotolando rapidamente la proboscide che mise in salvo fra le lunghe zanne. Si piantò solidamente sulle robuste zampaccie, inclinando un po’ il capo indietro e mandò una nota formidabile che sembrava un avvertimento per i cacciatori.

Passarono alcuni secondi, poi si videro ikalam aprirsi violentemente come sotto una spinta irresistibile ed una tigre enorme, con un salto immenso si scagliò contro l’elefante piombandogli sulla fronte e tentando, con un poderoso colpo d’artiglio, di sventrare ilcornac che si era gettato prontamente indietro.

Sandokan che era il piú vicino, pronto come il lampo le scaricò la carabina, fracassandole una zampa.

Malgrado quella ferita, la terribile belva non cadde. Con un volteggio sfuggí al fuoco di Yanez e di Tremal-Naik, si raccolse un momento su se stessa, poi con un balzo enorme passò sopra la testa dei cacciatori senza toccarli e cadde dietro l’elefante mandando un prolungatohoo -hug! I malesi che montavano ilmerghee , vedendola piombare fra le erbe, avevano scaricate le loro carabine, col pericolo di ferire le zampe deretane delcoomareah , ma labâg ormai era scomparsa fra i bambú.

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