L’Oni-Gomon (seconda parte)

In pochi salti però Sandokan e Tremal-Naik gli erano piombati addosso, mentre Yanez faceva fare ai pirati una scarica in aria per spaventare maggiormente i parenti del morto ed i loro compagni, i quali fuggivano invece attraverso il bosco di cocchi.

– Fermati, vecchio briccone! – gridò Tremal-Naik, puntando la canna della carabina sul petto dello stregone, il quale tentava di estrarre un pugnale che portava nella fascia.

Sandokan l’aveva già afferrato per le spalle e l’aveva costretto a cadere in ginocchio.

– Chi siete voi e che cosa volete da me? – gridò ilmanti , tentando, ma inutilmente di sottrarsi alla stretta poderosa della Tigre. – Voi non siete policeman, nécipayes per arrestarmi.

– Chi sono? Vecchio stregone, saresti per caso diventato cieco? – chiese Sandokan, lasciandolo rialzare. – Non mi conosci piú dunque?

– Io non ti ho mai veduto.

– Eppure tre sere or sono hai tentato di farmi strangolare dai tuoi amici, presso la pagoda di Kalí, subito dopo la festa del fuoco.

Non te ne ricordi?

– Tu menti! – gridò lo stregone con suprema energia.

– Dunque non sei tu quello che hai scannato il capretto e acceso il fuoco sacro a bordo del miopraho ? – chiese Sandokan ironicamente.

– Io non ho mai scannato capre. Tu mi prendi per qualche altro personaggio.

– Vieni con noimanti …

– Mantihai detto? Io non lo sono mai stato.

– Troverai nella pagoda una persona che ti darà una solenne smentita.

– Infine che cosa volete da me? – gridò il vecchio, digrignando i denti.

– Vederti il petto, innanzi a tutto, – disse Tremal-Naik, rovesciandolo improvvisamente a terra e premendogli il ventre con un ginocchio.

– Fa’ portare una torcia, Sandokan.

Quella domanda era inutile. Yanez, dopo un simulato inseguimento per allontanare i sacrificatori tornava verso Sandokan assieme a Sambigliong, che si era munito d’una delle torce abbandonate daimussalchi .

– È preso? – gridò il portoghese.

– E non ci sfuggirà neanche piú, – rispose Sandokan. – E la vedova?

– L’abbiamo salvata a tempo e pare che sia anche assai lieta di essere ancora viva. L’abbiamo portata nella pagoda.

– Accosta la torcia, Sambigliong, – disse Tremal-Naik lacerando d’un colpo solo la casacca di tela che copriva il petto del prigioniero.

Ilmanti aveva mandato un urlo di rabbia e aveva tentato di ricoprirsi, ma Sandokan fu lesto ad afferrargli le braccia, dicendogli:

– Lascia che vediamo dunque se sei un verothug , innanzi a tutto.

– Lo vedi? – disse Tremal-Naik.

Sul petto dell’indiano vi era un tatuaggio di color azzurro, raffigurante un serpente colla testa di donna, circondato da alcuni segni misteriosi.

– È l’emblema degli strangolatori, – disse Tremal-Naik. – Tutti gli affigliati a quella setta di assassini l’hanno.

– Ebbene, – gridò ilmanti , – se sono unthug che v’importa? Io non ho ucciso nessuno.

– Alzati e seguici, – disse Sandokan.

Il vecchio non se lo fece ripetere due volte. Appariva assai abbattuto e preoccupato, pur lanciando sguardi feroci contro gli uomini che lo circondavano.

Fu condotto verso la pira su cui terminava d’incenerirsi il cadavere e dove si erano radunati i marinai delpraho , dopo d’aver disposte qua e là delle sentinelle.

– Surama, – disse Yanez alla giovane bajadera che era uscita dalla pagoda. – Conosci quest’uomo?

– Sí, – rispose la fanciulla. – È ilmanti dei Thugs, il luogotenente del «figlio delle sacre acque del Gange».

– Vile danzatrice! – gridò il vecchio, dardeggiando sulla bajadera uno sguardo carico d’odio. – Tu tradisci la nostra setta.

– Io non sono mai stata un’adoratrice della dea della morte e delle stragi, – rispose Surama.

– Ora che non puoi negare di essere l’anima dannata di Suyodhana, – disse Tremal-Naik, – mi dirai dove si sono raccolti i Thugs che un tempo abitavano i sotterranei di Rajmangal.

Ilmanti guardò il bengalese per alcuni istanti, poi gli disse:

– Se tu credi che io ti dica dove hanno nascosta tua figlia, t’inganni. Puoi uccidermi, ma io non parlerò.

– È la tua ultima parola?.

– Sí.

– Sta bene: vedremo se saprai resistere a lungo.

Ilmanti udendo quelle parole era diventato pallidissimo, e la sua fronte si era coperta d’un freddo sudore.

– Che cosa vuoi fare di me? – chiese con voce strozzata.

– Ora lo saprai.

Si volse verso Sandokan e scambiò sotto-voce alcune parole.

– Lo credi? – chiese la Tigre della Malesia, facendo un gesto di dubbio.

– Vedrai che non resisterà molto.

– Proviamo.

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