Nel rifugio dei Thugs (seconda parte)

Avevano percorso cosí, sempre correndo dietro i settari, un quattro o cinquecento passi, quando si trovarono improvvisamente dinanzi ad una porta che i Thugs non avevano forse avuto il tempo di chiudere, una porta di spessore enorme, di bronzo o di qualche altro metallo e che metteva in una caverna circolare.

– Fermiamoci, – disse Tremal-Naik.

– No, – rispose Sandokan, che scorgeva vagamente gli ultimi fuggiaschi precipitarsi fuori per una seconda porta.

– Non odo giungere i tuoi uomini.

– Giungeranno piú tardi. Kammamuri è con loro e li guiderà. Avanti prima che Suyodhana fugga con Darma.

– Sí, avanti! – gridarono Yanez e de Lussac.

Si precipitarono nella caverna, dirigendosi verso la seconda porta, da cui erano fuggiti i Thugs, ma ad un tratto udirono due rombi assordanti, come se due petardi o due mine fossero scoppiate.

Sandokan si era arrestato mandando un grido di furore.

– Hanno chiuso le porte dinanzi e dietro di noi!

– Per Giove! – esclamò Yanez, che si sentí correre pel corpo un brivido che spense di colpo tutto il suo entusiasmo.

– Che siamo caduti in una trappola? -Tutti si erano fermati, guardandosi l’un l’altro con ansietà.

Ogni rumore era cessato, dopo la chiusura delle due massicce porte.

Non si udivano piú né le fucilate dei tigrotti di Mompracem, né il rullare sonoro dell’hauk, né le grida dei fuggiaschi.

– Ci hanno chiusi dentro, – disse finalmente Sandokan. – Avevamo dunque dietro di noi degli altri nemici? Ho commessa una imprudenza trascinandovi dietro quei banditi ed ho avuto torto a non cedere al tuo consiglio, amico Tremal-Naik, ma io speravo di giungere fino nella pagoda e strappare a Suyodhana Darma, prima che potesse fuggire.

– I Thugs non ci hanno ancora presi, capitano, – disse de Lussac, che stringeva ancora ilparang che era insanguinato fino all’impugnatura. – Penseranno i vostri uomini a sfondare queste porte, giacché hanno dei petardi.

– Non si odono piú, – disse Yanez. – Che siano stati sopraffatti dagli strangolatori?

– Non lo crederò mai, – rispose Sandokan. – Tu sai quanto sono terribili i nostri tigrotti e una volta lanciati non si arrestano nemmeno dinanzi ai cannoni, né alle piú tremende scariche di mitraglia.

Io sono certo che a quest’ora hanno invasa la pagoda e che stanno forzando la porta della galleria.

– Nondimeno non sono tranquillo, – disse Tremal-Naik, che fino allora era rimasto silenzioso, – e temo che Suyodhana approfitti della nostra situazione per fuggire colla mia Darma.

– Vi sono altre uscite? – chiese Sandokan.

– Quella che conduceva al baniansacro .

– Sirdar ci aveva detto che era stata turata, – osservò Yanez.

– Può essere stata riaperta, – rispose Tremal-Naik. – Gli uomini dalle braccia solide non mancano a Suyodhana.

– Kammamuri conosceva l’esistenza di quel passaggio? – chiese Sandokan.

– Sí.

– Chissà che non abbia mandato alcuni dei miei uomini a guardarlo.

– Signore, – disse de Lussac, che aveva fatto il giro della caverna. – Cerchiamo di uscire di qui.

– È vero, – disse Sandokan. – Perdiamo il nostro tempo in chiacchiere inutili. Avete esaminate le porte, signor de Lussac?

– L’una e anche l’altra, – rispose il francese, – e mi pare che non si debba pensare ad uscire di là se non abbiamo un buon petardo. Sono di bronzo e devono avere uno spessore enorme.

Quelle canaglie fuggivano per trarci in questo agguato e sono pienamente riusciti.

– Non avete scoperto nessun altro passaggio?

– No, signor Sandokan.

– Ed i nostri uomini che cosa fanno? – chiese Yanez che cominciava a perdere la sua flemma. – Dovrebbero essere già qui.

– Darei metà delle mie ricchezze per sapere qualche cosa di loro, – disse Sandokan. – Questo silenzio mi inquieta.

– E me pure, – disse Tremal-Naik. – Sandokan, non perdiamo tempo e cerchiamo di uscire di qui al piú presto prima che i Thugs ci giuochino qualche pessimo tiro.

– Si provino a entrare; abbiamo polvere e palle in abbondanza.

– Sai che una volta in una di queste caverne dove io e Kammamuri ci eravamo rifugiati dopo d’aver rapito la madre di Darma, per poco non ci hanno cucinati vivi?

– Potrebbero ripetere quel supplizio spaventevole per costringerci ad arrenderci.

– Spero che i miei uomini non li lasceranno…

– Taci! – disse in quel momento Yanez, che si era accostato alla porta che chiudeva la galleria che menava nella pagoda. Odo delle scariche lontane.

– Da dove provengono?

– Dalla pagoda, mi pare.

Tutti si erano precipitati verso la massiccia porta di bronzo appoggiando gli orecchi sul metallo.

– Sí, delle scariche, – disse Sandokan. – I miei uomini continuano a combattere.

Amici, cerchiamo di raggiungerli.

– È impossibile rovesciare questa porta, – disse de Lussac.

– Facciamola saltare, -rispose Yanez. – Io ho circa una libbra di polvere nel mio sacchetto, e voi ne dovete avere quasi altrettanto.

Possiamo quindi preparare una buona mina.

– Purché non saltiamo anche noi, – osservò Tremal-Naik.

– La caverna è abbastanza ampia, – disse Sandokan. – Non vi sembra, signor de Lussac?

– Non vi è pericolo, – rispose il francese. – Basterà che noi ci corichiamo bocconi all’altra estremità.

Vi consiglio però di fare un petardo d’un paio di libbre di polvere, non di piú. Basteranno per scardinare la porta.

– Su, dunque, – disse Yanez. – Scaviamo un fornello per collocarvelo.

– Mentre io confezionerò la bomba, – disse il francese, – usando la mia cintura di pelle. È larga e resistente.

I malesi avevano già impugnati iparangs e si preparavano a scavare un foro sotto la porta, quando si udirono una serie di detonazioni accompagnate da clamori spaventevoli.

– Che cosa succede? – gridò Yanez.

– Devono essere i nostri che fanno saltare le porte della galleria, – rispose Sandokan.

– Pare che si combatta furiosamente verso la pagoda.

Ad un tratto si udí Tremal-Naik a mandare un grido di furore, seguito da uno scrosciare d’acqua che pareva precipitasse dall’alto.

– Che cosa c’è ancora? – chiese Sandokan.

– C’è che i Thugs si preparano ad affogarci, – rispose Tremal-Naik con voce strozzata. – Guardate!

All’estremità opposta della caverna precipitava, da una fessura che si era aperta in un angolo della volta, un enorme getto d’acqua.

– Siamo perduti! – aveva esclamato Yanez.

Sandokan era rimasto muto, però nei suoi occhi, forse per la prima volta, si leggeva una profonda ansietà, mentre il suo viso si era oscurato.

– Se fra cinque minuti i vostri uomini non sono qui, per noi sarà finita, – disse de Lussac. – È una tromba d’acqua quella che ci rovesciano addosso quei malandnni.

– Che ne dite, signor Yanez?

– Che la mina non possiamo piú prepararla, – rispose il portoghese.

Poi si levò da una tasca una sigaretta, l’accese e si mise a fumare tranquillamente, calmo ed impassibile come se si trovasse sul ponte delpraho .

– Che cosa possiamo tentare, Sandokan? – chiese Tremal-Naik. – Ci lasceremo affogare cosí?

Anche questa volta il pirata non rispose. Appoggiato alla parete, colle braccia strette sul petto, le labbra contratte, la fronte burrascosamente aggrottata, guardava l’acqua che aveva già invaso tutto il piano della caverna e che montava rapida, gorgogliando cupamente.

– Signori, – disse Yanez, – prepariamoci a nuotare. Speriamo però che i Thugs mi lascino finire la sigaretta e che…

Una terribile detonazione, che fece traballare perfino la porta di ferro, gli interruppe la frase.

Nel medesimo momento l’acqua raggiungeva le loro cinture, montando con furia crescente.

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