Nelle jungle (seconda parte)

Non dovevano certo farla molto grassa i naufraghi, che la mala sorte gettava su quelle rive pericolose e disabitate, tuttavia non potevano correre, almeno per un certo tempo, il pericolo di morire di fame.

Quando tutti furono entrati, Tremal-Naik fece ritirare la scala, onde le tigri, che potevano aggirarsi nei dintorni, non ne approfittassero per inerpicarsi fino al rifugio.

Le due donne e i capi presero posto nelle amache; i sei malesi si stesero a terra mettendosi a fianco le armi, quantunque nessun pericolo potesse minacciarli.

La notte passò tranquilla non essendo stata turbata che dall’urlo lamentevole di qualche sciacallo affamato.

Quando si risvegliarono, laMarianna non era piú in vista. A quell’ora doveva aver già raggiunta la foce dell’Hugly e costeggiare già le Teste di Sabbia che si protendono dinanzi ai melmosi terreni delle Sunderbunds e che servono d’argine alle grosse ondate del golfo del Bengala.

Una sola barca, munita d’una tettoia, risaliva il fiume radendo la riva, spinta da quattro remiganti semi-nudi.

Sulla jungla invece nessun essere umano appariva. Volteggiavano invece un gran numero d’uccelli acquatici, specialmente d’anitre bramine e di martini pescatori.

– Siamo in pieno deserto, – disse Sandokan che dall’alto della torre guardava ora il fiume ed ora l’immensa distesa di bambú, sui quali giganteggiava superbamente qualche rarotara e qualche colossalenim dal tronco enorme.

– E questo non è che il principio del delta del Gange, – rispose Tremal-Naik. – Piú innanzi vedrai ben altre cose e ti farai un concetto piú esatto di questo immenso pantano che si estende fra i due rami principali del sacro fiume.

– Non comprendo come i Thugs abbiano scelto un cosí brutto paese pel loro soggiorno. Qui le febbri devono regnare tutto l’anno.

– E anche il cholera, il quale fa di frequente dei grandi vuoti fra i molanghi. Ma qui si sentono piú sicuri che altrove; poiché nessuno oserebbe tentare una spedizione attraverso questi pantani che esalano miasmi mortali.

– Che a noi non fanno né freddo, né caldo, – rispose Sandokan. – Le febbri non ci fanno piú paura: ci siamo abituati.

– E con chi se la prendono i Thugs di Suyodhana, se queste terre sono quasi spopolate? Kalí non deve avere troppe vittime di olocausto.

– Qualche molango che viene sorpreso lontano dal suo villaggio, paga per gli altri. E poi se non si strangola molto nelle Sunderbunds, non credere che a Kalí manchino vittime: i Thugs hanno emissari in quasi tutte le province settentrionali dell’India. Dove vi è un pellegrinaggio, i settari della dea accorrono e un bel numero di persone non tornano piú alle loro case. A Rajmangal io ne ho conosciuto uno che operava appunto sui pellegrini che si recavano alle grandi funzioni religiose di Benares, che aveva strangolato settecento e diciannove persone e quel miserabile, allorché venne arrestato, non manifestò che un solo dispiacere: quello di non aver potuto raggiungere il migliaio([4])!

– Quello era una belva! – esclamò Yanez, che li aveva raggiunti.

– Le stragi che quei miserabili commettevano ancora alcuni anni or sono, non si possono immaginare.

– Vi basti sapere che alcune regioni dell’India centrale furono quasi spopolate da quei feroci assassini, – disse Tremal-Naik.

– Ma che piacere ci trovano a strozzare tante persone?

– Quale piacere! Bisogna udire unthug per farsene un’idea.

“Voi trovate un grande diletto – disse un giorno uno di quei mostri, da me interrogato – nell’assalire una belva feroce nella sua tana, nel macchinare e ottenere la morte d’una tigre o d’una pantera, senza che in tutto ciò vi siano gravi pericoli da sfidare e coraggio soverchio da spiegare. Pensa adunque quanto questa attrattiva debba aumentare allorché la lotta è impegnata coll’uomo, allorché è un essere umano che bisogna distruggere! In luogo d’una sola facoltà, il coraggio, abbisognano l’astuzia, la prudenza, la diplomazia. Operare con tutte le passioni, far vibrare anche le corde dell’amore e dell’amicizia per indurre la preda nelle reti è una cosa sublime, inebriante, un delirio.”

Ecco la risposta che ho avuto da quel miserabile che aveva già offerta alla sua divinità qualche centinaio di vittime umane… Pei Thugs l’assassinio è eretto a legge, l’uccidere per loro è una gioia suprema e un dovere; l’assistere all’agonia di un uomo da essi colpito è una felicità ineffabile.

– In conclusione l’uccidere una creatura inoffensiva è un’arte, – disse Yanez. – Credo che sia impossibile sognare una piú perfetta apologia del delitto.

– Sono molti anche oggidí i settari di Kalí? – chiese Sandokan.

– Si calcolano a centomila, sparsi per la maggior parte nelle jungle del Bundelkund, nell’Aude e nel bacino del Nerbudda.

– E obbediscono tutti a Suyodhana?

– È il loro capo supremo, da tutti riconosciuto, – rispose Tremal-Naik.

– Fortunatamente che gli altri sono lontani, – disse Yanez. – Se si radunassero tutti nelle Sunderbunds non ci rimarrebbe altro che far richiamare laMarianna e tornarcene a Mompracem.

– A Rajmangal non ve ne saranno molti, né credo che Suyodhana, anche se minacciato, ne richiamerà dall’altre regioni.

Il governo del Bengala tiene gli occhi aperti e quando può mettere le mani sui settari di Kalí, non li risparmia.

– Tuttavia non ha nulla tentato per snidare quelli che sono tornati nelle caverne di Rajmangal, – disse Sandokan.

– È troppo occupato pel momento. Come vi ho detto, l’India settentrionale minaccia una formidabile insurrezione ed alcuni reggimenti dicipayes hanno fucilati, giorni sono, i loro ufficiali a Merut ed a Cawnpore. Chissà che piú tardi, sedata la rivolta, non dia un colpo mortale anche ai Thugs delle Sunderbunds.

– Spero che per allora non ve ne siano piú, – disse Sandokan. – Non siamo già venuti qui per lasciarceli scappare di mano, è vero Yanez?

– Vedremo in seguito, – rispose il portoghese. – Partiamo Sandokan: ne ho abbastanza di questa gabbia e sono impaziente di vedere i nostri elefanti.

Surama e la vedova avevano preparato il thè, avendone trovato una certa provvista fra i viveri destinati ai naufraghi.

Vuotarono qualche tazza, poi ricollocarono a posto la scala e scesero fra le alte erbe che circondavano la torre.

Tre uomini armati diparangs si misero alla testa del drappello, per aprire un varco attraverso l’inestricabile caos di bambú,e di piante parassite e la marcia cominciò sotto un sole ardentissimo. Chi non ha veduto le jungle delle Sunderbunds, non può farsi la menoma idea del loro aspetto desolante.

Un deserto, sia pure privo del piú piccolo sterpo, è meno triste di quelle pianure fangose, coperte da una vegetazione intensa sí, ma che non ha nulla di gaio, né di pittoresco, una vegetazione che pur essendo lussureggiante ha un’indefinibile tinta come di cosa malaticcia trasudante germi infettivi.

Ed infatti tutto quel mare di canne immense e di piante parassite è giallastro. È ben raro vedere qualche macchia d’un verde brillante perché le belle mangifere, i pipal, inim , itara , dal cupo fogliame che caratterizzano le pianure del Bengala e dell’India centrale, non sembrano trovarsi a loro agio nei pantani delle Sunderbunds.

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