Una battaglia terribile (terza parte)

Sandokan vedendo tanta ostinazione da parte di quel nemico che aveva già quasi vinto, aveva mandato un urlo di furore.

– Ah! – gridò. – Mi dai ancora la caccia? Aspetta un momento. Tremal-Naik!

Il bengalese si affaccendava a organizzare una catena di mastelli senza troppo preoccuparsi delle palle che grandinavano sempre in coperta.

Alla chiamata della Tigre della Malesia era accorso.

– Che cosa vuoi?

– Tu e Kammamuri occupatevi dell’incendio. Conduci sul ponte Surama e la vedova che sono rinchiuse nel quadro. Ti lascio venti uomini. A me gli altri.

Poi si slanciò verso poppa dove Yanez aveva fatto portare anche le spingarde di prora per contrabbattere poderosamente imiriam bengalesi.

– Fammi largo, Yanez, – gli disse. – Smontiamo quella carcassa.

– Non sarà cosa né lunga, né difficile, – rispose il portoghese colla sua solita calma. – Ecco qui una batteria che scalderà i dorsi dei Thugs. Palle e chiodi insieme! Tatueremo i Thugs col ferro.

– A te le due spingarde di babordo; a me quelle di tribordo, – disse Sandokan. – Voialtri coprite la batteria col fuoco delle vostre carabine.

Si chinò su una delle sue due spingarde e mirò attentamente il ponte dellagrab , la quale continuava ad avanzarsi come se avesse intenzione di tentare l’abbordaggio dellaMarianna .

Due colpi rimbombarono sul cassero. Il portoghese e la Tigre della Malesia avevano fatto fuoco simultaneamente.

L’albero di trinchetto della nave indiana, colpito un po’ sotto la coffa, oscillò un momento, poi cadde con gran fracasso attraverso la murata di babordo che si frantumò sotto l’urto, ingombrando la coperta di aste e di cordami e coprendo i due pezzi del castello di prora.

– A mitraglia! – gridò Sandokan. – Spazziamo la tolda!

Due altri colpi avevano tenuto dietro ai primi. Urla terribili, urla di dolore e non piú di vittoria, si erano alzate fra ithug s.

I chiodi facevano buon effetto sui corpi degli strangolatori.

Il fuoco era stato sospeso sullagrab , ma non già a bordo dellaMarianna .

Sandokan e Yanez, che erano due artiglieri meravigliosi, sparavano senza tregua, ora mirando lo scafo ed ora mandando una vera tempesta di chiodi sulla tolda che infilavano da prora a poppa. Alternavano palle a mitraglia e con tale rapidità da impedire all’equipaggio avversario di liberarsi dell’albero che immobilizzava la loro nave.

Cadevano le murate, precipitavano le manovre e i madieri s’aprivano. L’albero maestro, cinque minuti dopo, schiantato quasi a livello della tolda, seguiva il trinchetto, rovinando pure a babordo e sbandando la nave in modo da esporre completamente il ponte ai tiri dei pirati.

La distruzione dellagrab cominciava.

Ormai non era piú che un pontone senz’alberi e senza vele, ingombro di rottami e di morti, tuttavia laMarianna non rallentava il fuoco, anzi! E le palle e gli uragani di mitraglia si succedevano, mentre le carabine dei tigrotti distruggevano l’equipaggio, che invano cercava un rifugio dietro le murate e dietro i tronconi degli alberi.

L’altragrab invano faceva sforzi prodigiosi per accorrere in aiuto della compagna. Priva del suo trinchetto, non s’avanzava che assai lentamente e le sue cannonate rimanevano senza effetto, giungendo i suoi proiettili di rado a destinazione.

– Orsú, – disse Sandokan. – Un’altra bordata, Yanez e avremo finito. Tira, ed a fior d’acqua a palla.

I quattro colpi si successero a brevissima distanza l’uno dall’altro aprendo quattro nuovi fori nella carena.

Furono i colpi di grazia.

La poveragrab , che pareva si mantenesse ancora a galla per un miracolo d’equilibrio, si piegò bruscamente sul babordo, dove gli alberi pesavano e dove l’acqua del fiume già irrompeva attraverso gli squarci, poi si rovesciò colla chiglia in aria.

Degli uomini si erano slanciati in acqua e nuotavano disperatamente. Alcuni si dirigevano verso l’isolotto e altri verso la secondagrab , che pareva fosse immobilizzata su qualche bassofondo, perché non s’avanzava piú.

– Spazziamoli? – chiese Yanez.

– Lascia che vadano a farsi appiccare altrove, – rispose Sandokan. – Credo che ne abbiano abbastanza. Sambigliong, risali sempre il canale!

Poi si slanciò verso il boccaporto maestro dove parte dell’equipaggio lavorava con accanimento fra il fumo che continuava a irrompere, rovesciando mastelli d’acqua.

– E dunque? – chiese con una certa ansietà.

– Ormai non vi è piú alcun pericolo, – disse Tremal-Naik, che lo aveva scorto e che aveva udita la domanda.

– Siamo padroni dell’incendio e i nostri uomini, che sono già nella stiva, stanno sgombrando il deposito delle vele e degli attrezzi di ricambio.

– Avevo tremato per la miaMarianna .

– Dove andiamo ora?

– Riguadagneremo il fiume e scenderemo al di là dell’isolotto. È meglio non mostrarci piú a Diamond-Harbour.

– I piloti devono aver udito le cannonate.

– Se non sono sordi.

– Che suonata pei Thugs!

– Per un po’ non ci daranno piú noia.

– E l’altragrab ?

– Vedo che non si muove piú. Credo che si sia arenata, e poi è cosí malconcia che non potrà piú seguirci in mare, – rispose Sandokan. – Potremo cosí sbarcare senza essere disturbati e mandare ilpraho a Raimatla senza avere delle spie alle spalle.

Ce la siamo cavata a buon mercato: l’affare non e’ stato troppo cattivo.

Sbarcando piú al sud, potremo raggiungere egualmente Khari?

– Sí, attraverso la jungla.

– Dieci o dodici miglia attraverso i bambú non ci fanno paura, anche se vi saranno delle tigri. Sambigliong! Risali sempre e vira di bordo all’estremità dell’isolotto. Ritorniamo nell’Hugly.

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